Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
1l centenario di Luigi Pulci . 737 effetto))' I, 11), gli amori con le donne saracine («non c'è più bello amar che nel Levante)), VI, 20: a Firenze erano in pregio le belle schiave), la nuova arte della stampa (« par gittato proprio in forma», XXII 100) le pratiche d'astrologia e di magia.... ' ' A queste inclinava singolarmente il Pulci, avido d'ogni conoscenza, in relazione (secondo le rioerche di Ernesto Walser) con giudei fioren– tini e con ogni sorta di genti e di cose, e sagace a trar motivi d'arte e di bellezza, o almeno d'interesse e di riso, da ogni manifestazione della molteplice vita, e alieno soltanto da ciò che sentisse d'ipocrisia o di convenzione. Così la poesia del Morgante è tutto il mondo del Pulci, con la sua tenace fedeltà (« morte da te mi può divider solo», XXIII, 30), col suo orgoglio per la nobiltà del sangue (I, 7 e passim), col suo gusto di sfiorare, rabbrividendo, il mistero (discorsi del diavol_o teologo), coi suoi sentimenti politici, ch'erano unanimi con quelli del Maguifico Lo– renzo. E. per esprimerlo intero il suo mondo, e per adeguare ad esso l'arte, il Pulci via via s'afforza e s'affina, organando più riocamente il periodo, variando la struttura del verso, e infondendo all'ottava un'armonia che palesa quant'egli in ultimo imparasse dal giovinetto « nato per gloria di Montepulciano» (XXVIII, 145). Ne' primi canti l'ottava è lineare e scarna, anche se offre netto, mosso e colorito il quadro (II, 18) : Per lo deserto vanno alla ventura ; l'uno era a piede e l'altro era a cavallo; cavalcon per la selva e per pianura, sanza trovar ricetto o intervallo. Cominciava a venir la notte oscura; Morgante parea lieto sanza fallo, e con Orlando ridendo dicla : ·«E' par ch'io vegga appresso una osteria >>. Negli ultimi, suona variamente armoniosa, come ode e iutende ognuno che rilegga senza pregiudizi quei canti. · E l'eccellenza dell'arte del Morgante si misura pur col raffronto di altri scritti del medesimo autore. Meritamente è celebre la descrizione della rovina d'un palco a Camerino, con gran rotture di braccia e gambe e ceffi (Lettere, p. 85); ma si veda di quanto la vince l'analoga descrizione nelle ottave 172-173 del canto XIX; e non parliamo della carneficina nella dolorosa rotta di Roncisvalle. Ivi si tendono e vi– brano tutte le corde dell'animo di messer Luigi de' Pulci, che troppo sapeva ch'eran vicinissimi alla sua terra i Turchi, già comparsi in que– gli anni (1477 e 1480) nel Friuli e ad Otranto. Anche per ciò caldeg– giava la politica « italiana >> del suo Lorenzo, la qua.le in ben altro con– sisteva che nel sonnifero dell'equilibrio. E ce lo dice la lettera in cui Lorenzo vuole che Lodovico il Moro « legga tanto questa opera dJi Mor– gante che un dì facci ancora quella (intendi Sua Eccellenza Lodovico) qualche bel colpo e cosa rilevata come si contiene molte volte in questa istor-ia ». DOME:"IICO BULFEREITTI. 46. - P,,gaso. BibliotecaGino Bianco
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