Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932

734 D. Bitlferetti che il Pulci tolse a ingentilire il rozzo Cantare d,Orlando negli ultimi anni di Cosimo il vecchio, per ,suggerimento di madonna Lucrezia, mo– glie di Piero e ma,dre di Lorenzo, sicché alcuni canti o episodii eran già diffusi in copie manoscritte. e stampate (« in forma») verso il 1470; e il poema, dato come ,finito in ventitré canti, usciva ristampato con-• temporaneamente a Firenze e a Venezia nel 1482, e riappariva l'anno dopo con la giunta di cinque canti, che sono assai più lunghi e com– plessi dei precedenti e che promettono altri svolgimenti o altri poemi; il tutto con la fresca mutabilità, dei lavori, che sbocciano e crescono aderenti alla vita. Assai diversa è la fisionomia delle due parti del poema. Ha ragione, il Biscottini (L'arte e l'anima del Morgante, Giusti, Livorno, 1932) di vedere il meglio nella seconda parte, quantunque da molti si ripeta che nell'episodio di Margutte « è da cercarsi il nucleo vitale e poetico dell'opera>>. Ma la sua analisi del grande episodio di As.tarotte con– serva gli errori del Momigliano, il quale definì quel sapiente e nobile· spirito « il diavolo più ipocrita che sia mai vissuto», non comprese la buona ragione artistica del sonno del mago Malagigi, chiamò << fur– fante>> Astarotte proprio nel punto che compie un'azione di lealtà e generosità commoventi (canto XXV, stanze 274-285), e non rilevò la pro– gressiva trasformazione di Rinaldo, che, da diluviatore, bevitore, don– naiolo, ribelle e beffardo che era, diventa esploratore di terre e monu-– menti, vago di conoseenze c.ome un fiorentino del Tre e Quattrocento, il nuovo Ulisse che, ammaestrato da Astarotte, vuole « cercar tutto iI mondo>> (XXVIII, 29). E qui vengono ottave, che sembrano il disegno d'una terza e più alta parte del Morgante (ivi, 33-35): Ma. l'autore, disopra, ov'io mi specchio, parmi che creda, e forse crede il vero, che, benché e' fusse Rinaldo già vecchio, avea l'animo ancor robusto e fero; e quel suon d'Astarotte nello orecchio, « come disotto, in quell'altro emispero, erano e guerre e monarchie e regni »; e che e' passassi alfìn d'Ercule i segui. E perché ancor di lui quello angel disse : <e ogni cosa esser ,può, quando Iddio vuole >>; acciò che quelle gente ·convertisse, ch'adoravan pianeti e vane fole; e se ancor vivo un giorno e' riuscisse dall,.altra parte ove si lieva il sole, come molti miracoli si vede, . qual maraviglia? Ohi più sa men crede. Non si dice egli ancor del Vangelista? Benché C'iò comparar par forse scelo; ma dove il punto o il misterio consista sallo Colui che fece il mondo e' 1 cielo. BibliotecaGino Bianco

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