Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Solitudine 585 meva le forme d'un vizio segreto. La commedia musicale arrivò alla fine tra risate divenute latranti e singhiozzanti, e su quel palcosce– nico tutto quanto appariva remoto, come se si assistesse a una farsa di fantasmi. Si avvicinava la mezzanotte, e le vetture riempirono per un attimo la città. Noi traversammo strade già deserte; in alcune piazze, sul bianco della neve, la facciata perpendicolare di ·qualche grande magazzino s'illuminava di una grande scritta, come una girandola presso un lago calmo e liscio. I fuochi dei richiami luminosi erano tutti accesi, e pa,ssando davanti ad essi si aveva l'impressione che piazze e strade fossero grandi sale che as1pettas– sero gli ospiti, tanto erano solitarie in quella luce, e sotto il chiaro cielo nevoso e basso. Ci trovaµi.mo nella casa d'el nostro ospite, una casa moderna e razion ale, calda, con la radio e il grammofono pronti. C'erano altre donne invitate; a tavola ognuno aveva la sua Fazione di stelle filanti e di castagnole ; educatamente ci porgevamo tra vicini le castagnole e aspettavamo il rumore dell'esplosione. Educatamente ci tiravamo le stelle filanti, come si era sempre usato, come sempre si userà, ma ora come se si trattasse d'un divertimento puerile, che non è mai mutato ma che ha perduto ogni senso e ogni scopo. Esaurita la [>rov– vista d'egli esplosivi e delle cose d'a lanciare eravamo più tranquilli. Avevamo fatto tutto oon la diligenza di un lavoro da sbrigare pre– sto, accompagnando quelle operazioni con sorrisi e inchini conven– zionali. Accanto a me una fanciulla di forse diciotto anni era la sola persona che mostrasse di divertirsi davve110,e che si guardava intorno con un sentimento di felicità ra~olta. Anche beFe non riusci a scald'arci. Sulla mezzanotte, dalla tromba della radio si senti l'urlo della gente sulla Via di Federico, dalle finestre aperte entrò l'aria asciutta della neve, si vide lontano gente agitare le braccia e urlare al lume delle torce e d'un gran fuoco acceso a un crocicchio ; sul campo di aviazione che si stendeva sotto le finestre i lumi colorati degli apparecchi fermi d'avano l'id'ea che tutto il mondo fosse sospeso, che non uno trovavasi in viaggio quella notte sul cielo, sulla terra, sul mare. Un attimo di immobilità e di sipe– ranze, in cui ognuno s'incontrava col destino e rinnovava il suo patto per le giornate avvenire. Ci rimettemmo in viaggio, ripr.en – demmo la vita, dopo aver posati i bicchieri. Gli occhi di Elf rida in– contrarono i miei. Dalla tromba della radio ancora per poco la folla urlava parole in cui si capiva la parola: Felicità. Elfrid'a mi accennò appena levando il bicchiere, lo levai anch'io. Perché odiar– ci? pensavo. Dietro a lei rividi il suo 1Paese, le sue lotte e le sue sventure, le speranze che ricominciavano, quasi al princijpio d'un grande esodo dell'umanità in cerca della terra promessa. Vidi El– frida ballare col padrone di casa, come se ora ella parlasse un lin– guaggio noto, èon qùalcuno che la intendeva. A guardar bene nei ioteca Gino Bianco

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