Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Solitiidine 583 che parli italiano in modo scorretto e spesso ridicolo. Ma parlando ancora d'ell'Italia, ella si mise a ridere a scoppi l[)er un ricordo che le veniva in mente all'improvviso. Volli· saperlo. Una sua amica le aveva raccontato che gli orinatoi, dico gli orinatoi, cinque anni fa non proteggevano neppure la decenza, e questa sua amica, una volta, incontrando un suo conoscente fermo a uno di cotesti luo– ghi, lo vid'e voltarsi e sorriderle. Questo mi ferì !Profondamente, e mi ferirono peggio le sue risate. Rideva da so:ff0care, e mi guar-– dava contenta di avermi vibrato un colpo che andava dritto. Sono sicuro che ella non avrebbe fatto lo stesso discorso con gente che capisse e parlasse bene la sua lingua, ma quando si parla come la parlavo io, le parole più crude perdono quasi il loro significato, e si crede lecito pronunziarle. Io ne ero stupito, mi parve una cosa incredibilmente puerile, e mi vergognavo l[)er:fino d'i prendere una qualunque ,difesa. Dissi : - È impossibile, è un' invenzione, è una calunnia; - Sentivo di odiarla improvvisamente. Ella teneva le labbra strette, proprio come chi stia compiendo un'operazione con uno strumento affilato. Era irritata, probabilmente era offesa con– tro se stessa. Siccome parlavamo ancora di galateo, io le osservai che l' Europa conosce una certa buona educazione generale da ap- - pena centocinquant'anni, che prima l'educazione era anch'essa un fatto nazionale come era un fatto nazionale il costume, al punto che un :fiorentino si distingueva da un lombard'o solo all'abito. Erano i bei tempi della personalità, dei caratteri nazionali rispet– tati e amati come tali. E del resto le' buone maniere erano state in– trodotte in Prussia da Federico il Grande, che le aveva imparate dalla Francia. Cosi si è formata la tirannia delle convenzioni inter– nazionali, e solo che un popolo o un individuo infranga queste leggi che non possono rispondere al carattere dì ogni popolo, si giudica barbaro l' individuo o un paese intero. Ella non seppe che cosa reiplicare, e disse soltanto : - So bene che gl' italiani hanno della logica. - ·Nòn mi ricordo come a un certo punto venne nel. suo -discorso la parola « ginnasiasta »; io profittai per fingere uno stu– pore ridicolo. - È una brutta parola, - le dissi, - è un barba– rismo poco elegante. - Mi misi a ridere anch'io sforzand'omi un poco. Ella parve confusa, mentre ridevo mi guard'ava irritata, e mi disse : - Questa è la mia lingua, ed è una parola che è nostro patrimonio. - Sembrerà una cosa stupida che simili discussioni ,ci tenessero in quello stato, che discussioni come coteste si faces– sero; ma devo dire che la rivalità e la lotta fra le razze non hanno spesso miglior fond'amento. Quante cose stupide, indegne, meschine, òicemmo quella sera, e in me divampava una forma di odio assai prossimo all'amore e che forse come l'amore ci dava l'impulso a gittarci uno contro l'altro. In quel momento la governante ci portò una bottiglia di vino e un piatto d'i frutta. Queste cose poste fra

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