Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

580 D. Valeri tacito in bicicletta, gira e rigira in eterno, senza una voce, senza un rumore, scrutando gli angoli bui con occhio iillJPlacabile, e non si sa bene se sia un uomo o una figura mitologica anche lui: specie di Argo, rid'otto a forma e misura convenienti ai nostri tempi cri– tici. La Foscarina e Stelio Effrena, quella volta che vennero a re– citar qui, nel labirinto, la gran scena del loro d'ramma satiresco e lacrimoso, furono fortunati che non c'era ancora sul posto un ispet– tore di questa forza: ché certo costui avrebbe guastato ogni cosa, sbucando di tra le quinte, sul più bello, senza riguardo alla poesia. Di là il giardino; di qua ~l bosco. Scelgo il bosco, che è sotto l'ultima vampata del tramonto. Quante foglie, già, per terra, brune di ruggine, grigie di fang·o, gialle e cremisi come petali di fiore ; e ad ogni istante, senza che vento le spinga·, altre ed altre scendono lievissime per le navate fosche e !Profonde. In alto il diradato intrico dei rami neri lascia scorgere larghi sprazzi d'un cielo ardente che si consuma in vano furor d'i passione. C'è in tutte le piante presentimento, o forse de– siderio, di morte; per l'aria immota passa ad ora ad ora l'anelito di liberazione d'una grand'e anima incarcerata. Anch'esso il bosco piange; come piangono le belle case costruite dagli uomini, quando la stagione del piacere e dell'orgoglio è finita. E usciamo dlunque d'a questo incantamento triste. Dall'ultima soglia del palazzo respiro il cielo ipallido del crepuscolo, tutto aperto e posato su la linea oscura del piano. Indi vado a sedermi su la riva serena, tra le umili piante che son care anche al semplice contadino, il pioppo e i salici chiari di glauche fronde : poipuliis et glauca ownentia fron,de saliota 1 o divino Virgilio. Passata è la teII11pesta,;ma son bastati tre giorni di vento freddo e qualche ora di pioggia gros_saper cangiar faccia al mondo. Adesso si è l'autunno. L'azzurro non splende più da sè, ma riflette per trasparenza una luce che sembra essersi allontanata, ritirata al fondo del cielo; basse su l'orizzonte fumano bellissime nuvole grigiazzurre dalla gran cresta bianca. Nei campi, tra il -verd'e brillante, spiccano gro– vigli di vigne rossastre chiazzate d'uva viola ; gracili robinie, tre– mule d'oro, si levano da dietro le siepi nere. Noventa è il paese più quieto e silenzioso di tutta la riviera: in– fossato tra la sponda sinistra del canal Piovego e la strada di Pa– dova, sta tutto solo, con le sue ville d!'argento aippannato, i suoi parchi foschi, e le sue c~sette sparse lungo il viale di tigli vizzi, ad aspettare con malinconia la calata delle ombre vespertine. I colori hanno un che di smorto, anche i più lieti e caldi; la poca gente ferma davanti alle J)orte scambia rare ·parole, a voce bassa, per non fnr male al dolce autunno che muore. BibliotecaGino Bianco

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