Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
574 D. Valeri La strada, liscia nel mezzo, erbosa su gli orli, risp(,nde al passo con un 1piccolo fremito segreto; l'aria porta od'ore di corruzioni e di germinazioni, e un confuso ronzio d'insetti che non si vedono. Il sole è un :fiammante alveare che riversa l'oro del !':no miele per tutto il cielo, su tutta la terra. Lo sguardo corre da un lato su la brughiera rosata, lustra. d'acquitrini, fino a urtare negli scatoloni bianchi del porto di Mar– ghera, splendenti come blocchi di sale in una ronda d'antenne rosse di minio; dall'altro, posa su lo specchio del canale, teso a pelo delle rive, sempre sul punto di traboccare. L'acqua va così lenta, per tanti avvolgimenti e tanti, che par ferma; tinta appena d'un az– zurro tenuissimo: d'acqua dolce. Di là da essa comincia la cam– pagna: un appezzamento di granturco spannocchiato, giallo secco, con le barbacce piegate in basso, un macchione di canne verdiblù, un prato d'erba splendente da cui balza vibrando l'allodola, un pioppo tutto gonfio e ondeggiante di vento, e, dietro, i ca.rupi arati eh~ sprofondano d'improvviso sotto il d'ubitoso orizzonte di terra e d'acqua. Una casa lunga, schia.cciata, scopre, tra vigne e salici, un panno di muro color fragola; sembra, con tante finestrine quadrate e l'unico camino che la· sovrasta alto e grosso, un con– vento poveretto. Laggiù, dove il canale si rigira, celand'osi entro unru massa di robinie, brilla una vela giailloro, stranamente errante, sola, per il piano. Raggiungo la peata, che s'è fermata dietro la svolta. Il caval– lante ha staccato le due rozze dall'alzaia, e le spinge a pas.colare lungo un fosso; il barcaiolo, allentata la vela, ha gettato da prua un cappio di corda attorno a un paracarro, e ora salta su la riva. I due siedono su un mucchio di ghiaia, e, accesa la pipa, discorrono di cose del mestiere: la cavalla baia, che è orba, tira per quattro, poveraccia, ma l'altra, la bigia, è una ipelandrona che non pensa che a mangiare; alla Mira si farà il cambio con quelle due bestie, giovani che vanno come il vento; la barca, dopo che è stata rattop– pata e rimpeciata, è meglio che nuova; e si chiama infatti il Nuovo Gino .... Le parole suonano nette nel gran silenzio, e m'accompa– gnano per lungo tratto di strada. Penso come l'uomo s'allieti anche delle opere più umili e faticose, pur ohe non vi sian muri attorno a serrargli la vista e il respiro. And'are iper le belle strade apriche, lungo il corso dei fiumi, avendo negli. occhi la morbida pianura che si cala e si d'ona al mare con una specie di mancamento voluttuoso (onde resta nel cielo attiguo non so che tremito e vertigine di vuoto) : sento che questa sarebbe la mia naturale Arcadia, se avessi una buona volta il coraggio di buttare all'a~i~, con un soffio vigoroso, il castelletto di carte e di sogni grami m cui ho incarcerata l'anima mia. Arcadia in Brenta .... Ma anche questo, so bene, non è che un sogno da scrivere in carte. BibliotecaGino Bianco
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