Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

554 E. Vittorini ters, apparse nel '28, erano attese da coloro che non 1·iuscivanò a dimenticarsi di lei, ma sembra quasi che si debba ad e·sse il gene– rale consenso che ora per l'opera della Mans:field ferve. E non c'è d'a stupirsi se proprio le lettere, meglio dei racconti di Bliss e del Garden Party, abbiano fatto capire indirettamente quale scrit– trice era perita, per una emotisi, la notte del 9 gennaio 1923, e ab– biano riportato gli occhi d'ei più, che son sempre pochissimi, su Bliss e su Garden Party con attenzione nuova. Malgrado tutto, malgrado l'aria di successo che le soffiò per un anno sul viso, e il riconoscimento completo ma privato che le ve– niva da parte di scrittori diversissimi come John Galsworthy o Virginia W oolf non si può dire che per Caterina fossero stati ado– prati gli aggettivi maggiori. Ed è naturale. Perché, come succede spesso, se l'arte di Bliss e del Garden Party era stata apprezzata, gustata anzi, nessuno aveva saputo aderire abbastanza a quell'arte, ahbastanza per scoprirne il cuore, e tutti erano passati via, anche plaudendo, senza accorgel'si di quanto, sotto le realizzazioni appa– riscenti, vi fosse di più profondo, ossia di definitivo, di perfetto, nel senso cercato dalla scrittrice. D'improvviso, poi, con il J ournal e le Letters, acquistando conoscenza della sua vita personale, si è venuto ad assistere al modo suo di lavorare, si è saputo che cosa cercasse, dove intendesse arrivare, e si è capito ad un tempo quanto meraviglioso fosse questo a cui lei voleva arrivare e come lo avesse meravigliosamente raggiunto in quegli stessi racconti di Bliss e d'el Garden Party. Dunque dal 1928, o dal '27, che è l'anno di pubblicazione d'el Journal, si è cominciato a ragionare un po' sul serio dell'arte di Caterina; e non per merito dell'approfondimento di qualche cri– tico. Sì, la critica, ripeto, le era stata favorevole, l'aveva lodata, l'aveva accettata, ma comportandosi al solito con lo sconfortante contegno del tenersi sulle generali. Oggi non resta più dubbio. E se la parola suprema non è stata detta, o se chi l'ha detta è notoriamente troppo leggero· nel dirla, lo si sente nell'aria però,· che Caterina occupa uno di quei posti che il tempo difficilmente cancella. Nella, letteratura inglese contemporanea, che è la prelninente oggi nel mondo, non dirò proprio che la Mans:field sia in senso assoluto la maggiore. Ma minore non certo. E magari bisognerà prima rendersi conto che Bernard Shaw, H. G. Wells, Galsworthy eccetera, non sono affatto le « grandezze >> che molti credono, biso– gnerà che le acque siano separate, le leggiere dalle pesanti, e che l'opera di Lawrence, quella della Woolf, quella di Joyce (i Dubli– ners almeno) siano individuate come opere d'arte e prevalgano sulla profusione delle opere di ingegno. Accanto a costoro, Woolf, Lawrence, Joyce, per tacere di altri,_ tutti suoi parenti diretti, BibliotecaGino Bianco

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