Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

534 M. Moretti dova è stata vista mezz'ora fa, prima che arrivasse il cuscino di tviolette. S'è ritirata solo quando è arrivato il cuscino di vio– lette brontolando perché, invece d'un fazzoletto da asciugarsi gli occhi, le hanno dato nella fretta una pezza. E la ragazza piange? È seduta, dice di sì. Però si capisce che ha un po' di paura,, e quando il cadavere se ne andrà è probabile che si senta più sollevata. Il marinaio piange? Il marinaio si comiporta abbastanza bene. Chi l'ha veduto, dice ohe il sangue fred'do non manca al ragazzo. Allora venne fatto di parlar dei figlioli : prima, del marinaio che si comportava, pare, splendidamente, perché infine un marinaio è un soldato, poi della ragazza che aveva almeno lei gli occhi gonfi. Si diceva di lui, come dei « vagabondi di cartello)), che se avesse incontrato quello che inventò la fatica lo avrebbe quasi certamente scannato. Lui credeva davvero che un bravo pescivendolo avesse da scribacchiare come un ministro, questo è il dare e questo è l'avere, queste son le fatture, questi sono i moduli d'ella ferrovia ... e nello sgabuzzino della conserva altro non c'è, se non ci si por. tano i romanzi a dispense e le cartoline illustrate. Ma personal– mente il bravo IPéscivendolo possiede il suo lercio taccuino accom– pagnato d'a un mozziconcino di matita anche più lercio, e son cose che non cede a nessuno e nemmeno al suo primogenito. Quel che c'è scritto in simili taccuini chiusi con l'elastico ancora non troippo allentato, quel che c'è scritto in cifre, in parole di gergo e magari in romagnolo e in chioggiotto, che son le due lingue uf– ficiali in questi paraggi, nessuno mo' ha da vedere e da sapere: sono le zampe di gallina d'el pescivendolo che si richiamano forse alle zampe di gallina del padtrone di barca, e nessuno ci ha da mettere il becco e tanto meno il ragazzo agghindato che la scrittura, lui, ce l'ha chiara, anzi agghindata anche quella. Che gli piacessero quei jparaggi al ragazzo, quel puzzolente e malfamato « quartiere delle conserve)), un quartiere fortunata– mente nascosto che i forestieri dell'estate, detti bagnanti, non sospetfavan neppure, questo; via, era troppo dire o pretendere. Un quartiere tutto di ghiacciaie in forma di grotte scavate pro– fondamente nella terra, cinte all'esterno di muri bassi e rotondi e coperte di tegoli, un po' come Galla Placidia, a Ravenna, dove tutti vanno a vedere, tali insomma che da van l'idea d' antiche e luride tombe o d'abitazioni preistoriche: disposte qua e là senza regola, avevan tutta l'aria di guardlarsi aocigliate allo stesso modo dei loro vecchi proiprietari carichi dl'oro. Orizzontarsi in quella specie di « villaggio abissino)), come lo vedeva qualcuno, mettere il piede ove non fosse fango o sterco o pattume, evitare i rivoletti d'acqua sudicia sgorganti da ognuno di quegli usci, non era cosa agevole per c hi vole sse mantenersi intatte, oltre che le manine le scarpe; senza dii.re che la stessa natura del terreno doveva a;ere BibliotecaGino Bianco

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