Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Due capitoli inediti di Leopardi · 527 3!nche dopo il '17 Giacomo non abbandonò del tutto l'idea di rimpastare il suo Saggio, per metter pure in qualche valore tanta sua fatica. Ciò ri– sulta chiaro ·da due pensieri dello Zibaldone, dei 31 marzo e dei 6 apri– le '29, i quali, secondo una citazione che si legge nel foglio delle « Cose omesse», dovevano servirgli di guida per una nuova Prefazione. Se dal rifacimento iniziato nel '17 si trae che il Leopardi, pur non dimenti– cando il fine del diletto; si sarebbe lasciato anelare un po' troppo alla dissertazione filosofico-morale, in que' due pensieri del '29 prevale l'in– tento ai dare all'opera un carattere « storico » anzi che filosofico (ossia senza entrare a filosofare soprl!, ciascuno degli errori), circoscrivendo diligentemente il proprio campo ai soli errori dei volgari che, a diffe– renza di quelli innumerabili dei saggi, sono pochi perché poche cogni– zioni ha il volgo, 1 con poca presunzione dj conoscere; e non presumendo «istruire», ma solo desiderando « dilettare ii. Ecco quindi il fine arti– stico che di nuovo gli s'impone; e il filosofico, senz'essere del tutto -escluso, passare in seconda linea, e restringersi, se pure, a considera– zioni e deduzioni d'ordine generale, da amalgamarsi con le notizie ed esprimersi in forma piacevole. Pur troppo quell'anno '29 fu uno dei più funesti alla salute e allo stato d'animo del Leopardi; e s'egli riusci a mala pena in parecchi mesi , a leggere saltuariamente la storia Romana del Niebuhr prestatagli dal Vieusseux affinché ne facesse una recensione per l'Antologia, come non poté compiacere al suo amico 1 ), tanto meno poté effettuare la ripresa e il rimaneggiamento dell'antico Saggio, E cosi, quando fu di nuovo a Firenze ed ivi ebbe nel '30 conosciuto il De Binner, .si risolse a conse– gnargli, oltre a tutti i inanoscrittì filologici, anche quello del Saggio contentandosi di farlo vendere « anche per il nome ii. Non ostante le sue promesse·, e poniamo pure non .ostante la sua buona volontà, il filologo bernese non riusci a spremere né dal Saggio né dagli altri scritti, così liberalmente consegnatigli, un solo quattrino per il po– vero Giacomo ; il quale non vide neanche la pubblicazione di essi, che pure erano stati frutto di « studi matti e disperatissimi>> e gli eran costati la deforma,zione del gracile corpo e la rovina irrimediabile della salute. FRANCESCO MORONCINI. 1) Che il L. desiderasse compiacerlo, anche in quella « notte orrenda >l in cui trovavasi piombato, potrebbero farne fede i molti appunti e i lunghi brani di quella. Sto-ria ch'egli trascrisse nello Zibaldone, col probabile intento di utilizzarli. Un altro brano di essa Storia si vede trascritto nel foglio delle Cose omesse; come pure il ricordo del « Cigno moribondo, Sirene, Talpe cieche » dové essere aggiunto da G. dopo letta l'Antologia N. 96, p. 29, ivi citata. BibliotecaGino Bianco

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