Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Due capitoli inediti ae·l f,eopardi 525 non forse tra barba,ri. La seconda cosa di cui t'ammonisco si è che i Greci e i Romani, _ancorché ordinariamente si dica elle furono ido– Ìatri, tuttavia secondo me non furono, se non come i Cristiani sono, i quali, secondoché la parola propriamente dice, sono Idolatri, cioè Veneratori d'immagini, non per quello che queste sono in loro, ma per quello che figurano .... Nella primitiva stesma del Saggio il giovine eruditissimo e nn po' pieno di sé, atteggiandosi ad ammonitore e maestro, non dissimula la speranza che la sua fatica sia per produri-e un qualche vantaggio all'umanità. Qui invece dichiara che parlerà,, cert9 di non ricavarne vantaggio alcuno._ Come prima erasi mostrato alquanto immodesto, qui riesce per troppa modestia poco sincero. Di fatti il fine dell' «utile» è poi da lui ripetutamente affermato; ed ei confida di tornare utile non solo a quelli che, senza presumere di essere o apparire dotti, si sforzano di essere o parere gentili e costumati, ma anche ai dotti stessi, i quali potranno trarne utili ammaestramenti sulla mirabile tenacità del po– polo nel ritenere gli errori, e va dicendo. Quanto poi ai «letterati», considerato che l'autore non promette « immaginamenti singolari e inauditi » e che userà, « uno stile umile e piano senza pompa né squisi– tezza di parole e senza pensieri splendidi o rari>>, l'autore si tien certo che p9cbissimi letterati lo leggeranno e i più lo dispregeranno. E non se ne dorrà,, sapendo che « può bene un libro, piacendo a pochi, valer j)oco; ma non però mai, piacendo a molti, valer molto». Notevole è questo passo, dove il Leopardi s' indugia a delineare il gusto letterario, da lui non approvato in teoria ma dal quale interamente non rifugge in pratica, che asserisce essere allora in voga, consist_ente nella ri– cerca del nuovo e del maraviglioso, anche a costo di stiracchiature e di fuochi artificiali ; e la dichiarazione di voler seguire il semplice, il piano, nel medesimo tempo che usa uno stile elaborato, dai lunghi e architettati periodi, con le clausole sonanti, alcuni de' qnali, infarciti <l'incisi, rendono difficile, nella loro ampiezza ed eccessiva estensione, afferrare e ritenere il concetto fondamentale, come affogato nella copia dei particolari e accessorii. Certo questa maniera di scrivere, se non è proprio conforme a quella secentistica dall'autore condannata, è ben lontana dall'aurea semplicità, del trecento che Giacomo si provò felice– mente a imitare nella favoletta di Avieno, e più tardi ancor più felice– mente nel Mart-irio de' SS. Padri. Quantunque anche nel rifacimento il Leopardi, seguendo il principio pedagogico della vecchia estetica, persista nel proporsi una pratica uti– lità, vale a dir quella di mostrare che gli errori del popolo, se erano diffusissimi presso gli antichi, durano ancora, di poco o di nulla mu– tati, presso il popolo di oggidì, ed essendo ridicoli e vergognosi debbano schifarsi e rimuoversi; ciò non ostante non perde di vista l'altro scopo che, seguendo il precetto oraziano, ciascuno scrittore dovrebbe proporsi se vuole conseguire ogni punto, cioè il diletto risiedente nella facilità, dello stile, neUa spontaneità dei pensieri e delle immagini. E degna di riliern l'ammissione, fatta fin da questo momento dal Leopardi, che molti degli errori volgari siano << belli » ; e quantunque egli da questa BibliotecaGino Bianco

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