Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
522 F. M oroncini cile a trovare doveché sia alcuno che te li mostri e dichiari quando n'abbi mestieri e voglia. Ma io procurerò di metterti bene nell'animo che gli errori sono veramente cose pessime e da fuggirsi e da cac– ciarsi via quando s'abbiano per compagni. Imperocché gli errori sono tali ·nemici che come prima sono scoperti cosi sono vinti, e di leggeri si scuoprono solo che si cerchino. Là onde se io t'avrò indotto a cercarli, non avrò fatto poco, ma anzi avrò fatto il più, e quello che resterà si farà poi agevolmente. Al quale effetto non . istimando che niente possa far meglio che l'esempio, e considerando che l'uomo non vede quello che. ha di continuo avanti agli occhi, se non se gli rappresenta in maniera nuova o disusata, onde in parte vtene che tanto ci diletti lo imitare che fanno la poesia e le buone arti perché mirando queste imitazioni poniamo benè mente a quelle cose che tutto giorno vedendole non attendiamo più che tanto; e oltr'a ciò pensando che spesso meglio si veggono le cose lontane che le vicine, perché queste quasi come nostre possedendole• non curiamo, e di quelle quasi come altrui siamo curiosi e rivolgia– mole e contempliamole da ogni banda, e però è utilissimo a dare a vedere la proporzione o uguaglianza che hanno le lontane colle vi– cine cose; mi sono risoluto di ragionare teco con molta brevità de– gli errori popolari de' nostri antichi. E intend'o per li nostri antichi i Greci e i Latini che possiamo considerare come i nostri antenati avendoci lasciati i loro costumi e libri, e non solamente a noi Italiani ai quali di ragione scadevano, discendendo d'ai Latini che colle armi e collo studio conquistarono le cose de' Greci, ma ezian– dio agli altri popoli d'Europa che dai loro avi hanno ricevuto poco o niente, sì che si servono della eredità nostra, la quale è tanta che basta a tutti e tale che per molto usarla non si consuma né smi– nuisce. Degli altri antichi non ti Baprei parlare, e quando bene sa– pessi, per la differenza degli usi e delle opinioni, non molto, par– land'one, ti gioverei. E di questa materia che io voglio trattare non -credo che nessuno altro abbia scritto di proposito in veruno libro. Se adunque tu, senza presumere di essere né di farti d!otto, ti sforzi di essere e di parere gentile e costumato• e piacevole uomo, leggendo questo libro e vedendo quanto gli errori volgari abbiano pregiudicato ai nostTi antichi e come in altrui appariscano ridicoli e vergognosi, ti persuaderai che non sieno mali tanto leggeri che non bisogni aver cura di schifargli o rimuovergli; e come nelle Commedie i vizi e nelle !storie tutta la natura degli uomini, così in questo trattato quasi in uno specchio vedendo le vane opinioni della più gran parte degli uomini che è il popolo, e quanti di questi antichissimi errori di poco e quanti di nulla mutati ancora durino. comprend'erai la natura delle credenze del popolo, e anche in parte conoscerai in qual maniera gli uomini di lor natura, e voglio dire restand'o come nacquero ignoranti o poco meno sì come il popolo BibliotecaGino Bianco
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