Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
520 F. Moronoini quello che -gli Scrittori dicono appartenente al bene universale : ché né il popolo sarà mai altro che popolo, né anc6ra volendo po– trebbe rimediare a veruno suo male, né quelli che potrebbono ri– mediarci si curano di queste parole, né poniamo che se ne curas– sero, potrebbero udirle, tanto lontani sono da colui che le dice. ·Ma oltreché gli errori sono cattivissimi e dannosi e di peri– colo a tutti, anc6ra stanno bruttissimo, massimamente i popolari, ne' gentiluomini, poiché non essendo cosa che tanto disdica quanto quelle che chiameremo Discordanza o Sconvenienza, e. vale a dire unione e accozzamento di cose disparate o ripugnanti, che è il vi– zio si può dire capitale nel quale pressoché tutti i vizi in ispecie delle buone arti si riducono e contengono, però fanno sconcissimo vedere in gentiluomo le credenze della plebe, e in persona grande e matura gli errori de' putti e che s'imparan.o dalla balia. Ondf'. è sto– machevole cosa a sentire tutto dì: Quanti ha la luna oggi? Ei non è da sperar acqua se prima non siamo fuori di questo quarto. E, è calato il sole stasera? S'è egli insaccato (che così dicono) nelle nuvole'! Sì eh? tristo segno, Non può- far che dimani non piova. Le quali e simili cose io altre volte udendo, solevamisi rimescolare la bile e accendere molta ira, la quale col frequente uso e col tempo è venuta meno; onde, anche parendomi cosa da scolare l' incol– lerirsi per tali scempiezze, ora quando cosi fatte cose odo, non m'adiro, ma solo tacendo compatisco. Ogni uomo iperò si dee sfor– zare che il suo ingegno non sia compatito ancoraché meriti, massime quelli che stanno, come si dice, nel mondo. Ora se io udendoti dir queste o altrettali cose ti compatirei, che farebbero i dotti ? i quali tu non dei credere che t'abbiano sempre a star lontani vivendo nel mondo, né che faccia bisogno essere molto avanti negli studi per ridere e farsi beffe degli errori volgari e puerili. Anche sono molti che avvengaché non credano a queste vane opinioni pur mostrano, si che alla giornata se, per esempio, sentirannosi fischiare gli orec– chi, gli udrai dire, Conviene cht>sia ora chi sparli di me poiché gli orecchi me ne fanno motto; e s'altri singhiozzerà, Egli si vede che ti cresce il cuore; e s'altri avrà avuto brivido o ribrezzo, Segno che la morte t'è passata sopra i capelli: e questo fanno non perché cre– dano di dire vero, ma per motteggiare o metter su mater-i.:Lda favel– lar-e : e così servendosi di queste rancide e pazze credenze e di tali vanità, non è gran che se, spremendo il nulla, pure ne tirano ma– teria da infilzar parole. Il qual costume oltreché è molto grave e fastidioso per la molestia e nausea che viene da quei motti, che non sono più motti perché col lungo usarli logorandosi hanno per– duta la punta, la quale anche da principio era molto poco aguzza, e però fa le persone odiose; dispiace a me singolarmente perché mi pare che sia uno intendersela con questi tristi che sono gli errori e trastullarsi con questa roba vilissima e schifosa che la chiarezza BibliotecaGino Bianco
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