Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
Due capitoli infditi del Leopardi 519 spettacolJ delle battaglie? Or non essendo l'errore utile, .come è detto, manifesto è che solamente inutile non può essere, ma disu– tile e dannoso. Onde quelli che dii.cono che faccia bene a tenere il popolo allo scuro, e careggiargli i suoi errori ed! educarglieli, molto s'ingannano a parer mio. Perocché come ci può uscir di mente che il vero è un grandissimo bene, il quale l'ignoranza na– scondendoci, così ci toglie questo bene che allora si possiede quando si conosce? E se tanto male fa l'ignoranza peggio fa l'errore, per– ché dove quella spegné il lume, questo così al buio ne tira per torte e pericolose strade : sì che io non so come si possa così francamente e così spesso dire che lo star senza questo gran bene che è il vero sia d'utile e anche di necessità. Se non che io so che il saper poco d'ordinario più nuoce che il non saper niente; là onde essendoché il popolo non sia capace di scienza se non pochissima, io non vo– glio entrare a disputare del quanto convenga che il popolo sappia e conosca. Dico bene che il vero è cosa buonissima e l'ignoranza per sé cosa malissima, e l'errore molto di più. Non potendosi adun- . que queste erbacce degli errori, per forza che vi s'adoperi, sbar– bicare, mi parrebbe~ che almeno perché non arrivassero adl affogare il buon grano, si tagliassero dappied'e, e restassene la radice che non vien via. E così quanto è possibile si ripurgasse il popolo dagli errori che sono micidiali erbe e nimicissimi al buon fruttare del terreno, restandone, per non potersi e anco non volersi svellere, le radici che sono nell'ignoranza: la quale non è da temere che mai nel popolo venga meno, ma. bene che s'ingrossi e dilati di maniera che il frumento e ogni buona pianta aduggi e uccida : come un rivo, quantunque scorrendo per li campi tranquillamente sia di comodo e utile, venendo a montare e gonfiarsi e menando piena, dilagherà i c6lti e annegherà le biade e porterassene tutto il buono che scontrerà. Per la qual cosa è bisogno, scavando fossati e alzando argini, tenerlo in dovere sì che non trabocchi e non si ri– versi in fuori. E il simile dico che si converrebbe fare coll'igno– ranza, ricordandosi come questa per sé è gran male e come per sola necessità si vuol sofferire, non altrimenti clfe quei fieri nemici ai quali contuttoché talvolta, o perché più forti sono o per di– fendersi d'a altri nemici, bisogni sottomettersi e anche stringersi con alleanza, nientedimeno sarebbe stoltissimo chi li lasciasse ope– rare a voglia loro e non avesse lor l'occhio, diffidandosene come di quelli che sempre sono nemici avvegnaché non paiono. Né credo che bisognino parole a far tutti chiari e certi che l'ignoranza è cosa perniciosissima e gli errori funestissime e lagrimabili cose, e non che possano fare, ma hanno fatto e tuttavia fanno orrendi e dolo– rosi guasti, il che dli sua natura è manifesto, e anche si vedrà in questo Trattato per l'esempio de' maggiori. Tutto questo sia detto senza alcuno utile, anzi pure senz'oncia di speranza, come tutto BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy