Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

., . 516 F. Moronciwi esame nel giovine, e l'indipendenza di giuùizio, ch'egli sostiene e re– clama cosi nel primo capitolo come nell'ultimo, contro ogni do mma– tismo, coercizione e autorità tradizionale, nel medesimo tempo in r.ui, facendosi eco inconsapevole ùei principii religiosi e politici domin anti nella sua famiglia e da lui assorbiti, si .propone con questo Saggio di combattere l'errore e farsi paladino della « amabilissima Religione», alla quale eleva un inno di lode e di ringraziamento nella fine dell'opera sua. Ben fu detto pertanto che in questo Saggio si trova- il germe del futuro Leopardi. Nell'ultimo capitolo, l'Autore dice che, esaminando gli errori degli antichi e i loro pregiudizi, ha somministrato al lettore argomento « di ridere e di riflettere,,. Il riflettere verte specialmente su questo: che essendo il volgo per natura religioso, ed essendo la superstizione un effetto dell' ignoranza cli chi pratica la, religione, ne segue che « la Re– ligione ba prodotta la superstizione>>; quindi <1 la Religione più pura è nel linguaggio del volgo un'empietà,,. E come la credulità sposata all'igno1·anza sarà sempre una sorgente inesauribile di pregiudizi po– polari, così si sarà sempre creduli finché non si saprà, esaminare, o non si ardirà tentare di farlo. Il ridere poi deriva non tanto dal ddicolo emanante dalla qualità, natura, grossolanità e stranezza degli errori e pregiudizi volgari, quanto dall'indole propria dell'autore che lo porta fa– cilmente all'umore e all'ironia. E come frequenti sono i tratti ironici che s'incontrano nelle pagine del Saggio, e che ci attestano .quella ten– denza originaria la quale, raffinata poi dallo studio e dal contatto col mondo, si manifesterà in fonne così varie e cospicue in molte parti delle maggiori opere leopardiane ! Venuta a mancare la stampa ,del Saggio anche in Milano, come già prima era mancata in Roma, Gia-como cominciò a considerare il suo lavoro (il che del resto gli accadeva di quasi tutti i lavori suoi poco dopo finiti) con occhio meno benevolo 1 ), fino a ritenerlo un « accozzo >i 1 ) Ohe G. nel '15 facesse del suo Saggio ben diversa stima, pnò esser dimo– strato dal fatto che lo aveva di suo pugno accuratamente trascritto in due esem– plari, dei quali il primo rimase tra le sue carte e da ultimo passò con gli altri scritti lette-rarii alla Nazionale di Napoli; il secondo, consegnato nel '30 al De Sin– ner, passò poi con gli scritti filologici alla Nazionale di Firenze. Mancata la stampa romana del Raur1io, una terza copia di essQ, di bel carattere ma di mano altrui, salvo qualche correzione e le parole greche aggiuntevi dall'autore, fu in– viata o forse consegnata non molto dopo allo Stella perché fosse stampata a Mi– lano, con una dedica al celebre grecista Andrea Mustoxidi che G. sostituì a un'altra precedentemente scritta dal padre pel cardinale Mattei. Quella copia non solo ·non ebbe l'onore della stampa, ma non fUJ più rimandata dallo Stella a Giacomo : èssa rimase dimenticata tra le carte dell'editore milanese, finché il Viani, acquistatala dagli eredi Stella, non pubblicò su di essa il Sa.gufo ne) '46 (Firenze, Le Monnier). Il ms. passò poi, per dono del Le- Monnier, alla Biblioteca comunale di Recanati. - 1!l notabile che il eap. XV del ,'saggio, che tratta Dei Pigmei e dei Giganti, era stato inserito, an_cora vivente (e non so se sciente) il Leopardi, fin dal '3G, dal BERGER DE XIVHEY, nelle sue Traditions tératolo,qiq•ur., (Pari.s. impr. Royal), fattogliene agio <lal De Sinner. BibliotecaGino Bìanco

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