Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
Due .capitoli inediti del Leopa,rdi 515 nario il linguaggio più comunemente inteso che è quello del popolo, possono riguardarsi come interpreti dei sentimenti del volgo», e quindi i più adatti a <(presentare un quadro delle false idee popolari degli antichi >>e ad esser come ((mallevadori della verità della sua propo– sizione>>. Questa prevalenza data a.i poeti, a parte la ragione addotta dal Leo– pardi, si Sl)iega, col fatto che, iri origine, il Saggio doveva avere, nel- 1' intenzione dell'autore, un carattere non di erudizione, non filoso– fico, ma essenzialmente artistico : doveva precipua,mente dilettare. E così anche si spiega come in esso Saggio si trovino i germi di molte parti dei Cantj e delle Operette morali, cioè delle opere in cui il genio poetico del Nostro mirabilmente si sposa alle sue profonde e spesso originali meditazioni; il che è agevole provare sol che si dia una scorsa al Saggio stesso 1 ). Già è rilevabile, in tesi generale, che il Leo– pardi pensasse ,fin da questo suo primo Saggio a trattare degli (<errori degli antichi»; poiché, sebbene_ qui egli lamenti e condanni quegli er– rori sostenendo che prima cura dell'uomo dev'esser quella di cono– .scere il vero, nondimeno dichiara di ritenere inutile il confutarli « in– un secolo illuminato » come il suo; e aggiunge anche esser chiaro che, non ostante quella <(illuminazione», v'ha che riformare nel mondo. Ma quel che più rileva è l'asserzione che « la natura generalmente nasconde delle verità, ma non insegna degli errori; forma dei semplici, ma non dei spregiudicati » ; che « la cattiva educazione fa ciò che non fa la natura » ; e infine che non v' ha cosa più ingiuriosa allo spirito umano dei pregiudizL; e il << credere una cosa perché si è udito dirla, e perché non si è avuto cura di esaminarla, fa torto all' intelletto dell'uomo. Una tal cecità appartiene a quei secoli d'ignoranza, nei quali si sti– mava saggio chi obbediva al tiranno della ragione, e chi giurava sulle parole di Aristotele>>. Ora da tali affermazioni si ricava che la con– danna dell'<(errore antico» non è poi in questo Saggio così assoluta, da non lasciar l'adito al rimpianto di' quei <( beati errori>> che il no– stro poeta canterà tra non molto, e nella canzone Al Mai, e più espli– citamente, diffusamente e variamente in- quelle canwni classiche che furon dette del « dolore storico», culminanti coll'inno Alla Primavera o delle favole antiche. Ed anche apparisce c~iaro lo spirito di libero 1) Possono vedersi (tanto per dare qualche esempio) tra i OANT~ le seguenti derivazioni e corrispondenze col Saggio (cito dall'ediz. di G. MEsTICA, in 'Ecritti letterari di G. L.; Firenze, Le Monnier, 1:899,vol. I; anche perché è la più curata e corretta) : Fra=ento Spento il di1irno raggw, descrizione dell'uragano. corrispon– dente col cap. XIII, p. 271; frammento Odi Melisso, col cap. X, p. 192 e XI, 216; can– ·zone Al Mai, col cap. ['X, 187-90, e XII dove a lungo si ragiona sugli «antipodi», sulle zone della terra abitata, e si accenna all' «Atlantide» di cui anche nei Paralipo– meni; Alla Primavera, col cap. VII, 173-74; Inno ai Patr·iarchi,, col cap. VII, 153 e 158, e XIV, 291-92; Le Ricordanze, col cap. VIII, 163-66; La Ginestra, col cap. VII, 152, IX, 183, X, 191. El tra le OPERE'.ITE MORALI : Dialogo IU Ercole e di Atlante, col cap. XII, 236; Della Terra e della Luna, col cap. XII, 237; Proposta di premi, col cap. XIII, 281; dialoghi Di un FolZetto e dì uno Gnomo, Della Na– tura e di un lrZwndese, col cap. XV che tratta dei Pigmei e dei Giganti . .Aggiungi, se vuoi, il Frwmmento apocrifo di Stratone, il Copernico; e va dicendo. BibliotecaGino Bianco
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