Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
-DUE OAPITOLI INEDITI DEL LEOPARDI SU GLI « ERRORI POPOLARI 'DEGLI .ANTICHI». Tra gli scritti giovanili del Leopardi, uno che ha importanza di gran lunga superiore a quella che i più gli attribuiscono è il Sagg-io sugli er– ror-i popolari degli antichi. L'asserzione dell'autore r.h'esso fu composto nello spazio di due mesi, i quali si potrebbero fissare al maggio e giu– gno ·del 1815, deve intendersi con discrezione. In ogni modo, se anche si voglia star con rigore alle parole del Leopardi, bisognerà riferire a quei due mesi la sola stesura dell'opera; poiché 1a _preparazione e la raccolta dei materiali era stata fatta assai prima; e di essi materiali molti possiamo trovare nei lavori puramente filologici, in ispecie in quelli sui Padri greci e sugli .Storici eccle~iastici; e più ancora in quella Storia dell'Astronomia del '13, il cui primo capitolo fu l'anno dopo ri– preso e trasformato in una Dissertazi(Jne sopra l'origine e ·i progressi dell'Astronomia. La passione per gli studi di questa scienza aveva preso il giovinetto Leopar.di fin da' suoi primi anni, insieme con la passione per gli scrit– tori- del mondo classico greco-latino. E, pur lasciando in séguito pren– dere il sopravvento a questi ultimi studi, egli conservò sempre una sin– golare predilezione per lo spettacolo grandioso e suggestivo degli astri immensi innumerabili costellanti la volta del cielo; spettacolo che, commovendolo ed esaltandolo, lo spingeva a stupende immaginazioni e a severe meditazioni. Dalla Storia deU'Astronomia al Sagg-io c' è .già un grande progresso : non solo nel Saggio la materia astronomica -è rielaborata con tutt'altro scopo; non solo aumentano al doppio, fino a oltrepassare il numero di quattrocento, gli autori e le opere citate; ma se nella Storia le citazioni sono un lusso di pura erudizione, nel Saggio il sugÒ di esse è squisitamente letterario. E tale si conservò in tutti gli accenni, richiami, derivazioni che s' incontrano nei Canti e nelle Operette moral·i, cioè nelle opere che ,costituiscono il vero e grande Leopardi. Dall'esame di quei numerosi richiami e profitti, si può venir facilmente alla dimostrazione che gli studi astronomici -e di filosofia naturale s. vilupp arono nel cervello del Leopardi l'abito ad assurgere all'es-senza rea.le delle cose, insomma fecero di lui un filosofo e un poeto,. Non senza ragione egli fu detto il poeta della <<luna», per quanto nel suo classicismo si sentisse alieno dagli sdilinquimenti sentimentali dei romantici, che deJl' inconsapevole astro notturno avevan tanto atm– sato, da farlo venire in uggia e in ridicolo. Dal suo primo idillio Alla. /' 13.- Ptga10. BibliotècaGino Bianco
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