Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

M. TIBALDI-CHIESA, Schubert 629 forse che un altro poeta qualsiasi gli avesse parlato di gorgoo-lianti · ruscelli, di tigli in fiore e •d'amorose malinconie. Ma certo non avr~mmo, senza Goethe e senza Heine, le sue creazioni più ardite e folgoranti che ci sembrano ancor oggi di una insuperata modernità : non avremm'o rla un lato Erlkorvig, i canti del Faust e quelli ,di Wilhelm Meister, né dall'altro Der Doppelganger e Die Stadt . .Si può dire che fra questi due poli, Goethe e Heine, si volge, ampia e completa, la sua parabola ca– nora. Si narra che egli avesse trovato le poesie di Heine _tra le carte di Beethoven, dopo la sua morte : ancora una leggenda, probabilmente, poi– ché non si sa con certezza, attraverso contrastanti relazioni, se rapporti personali ,siano intercorsi fra i due; ma se pur non raccolse da Beethoven questa eredità, certo egli la lasciò a coloro che seguitarono il suo canto, qua,si ad indicar loro la via. Di Heine essi ci riveleranno l'aspetto ro– mantico e .sentimentale i toccherà poi ai moderni d'illustrarne l'ele– mento ironico ed umoristico; ma nell'espressione tragica (come, per altri poeti, in quella idillica) Schubert rimarrà insuperato. Dopo ,di lui il Lied si adornerà-con Schumann di un più rotondo e appassionato eloquio, si arricchirà con Brahms di più sottili e riposte intenzioni (fino a perdere, in Wolf, di consistenza nella ricerca conti– nua del dettaglio); ma non avrà mai più, ,di .Schubert, la semplicità e l'immediatezza, l'innocente candore e la travolgente efficacia; per ritro– vare un'espressione analoga, primordiale e definitiva, che sembra an– nullare d'un colpo il passato e il futuro, bisogna giungere fino a Moussorgsky : da Erlkonig e Doppelganger alle Chansons et Danses de la Mort; e non a caso, io penso, la Tibaldi-Chiesa ha rammentato a più riprese il russo geniale (per ricordare, fra l'altro, come egli pure abbia stupendamente musicato uno dei Gesange des Harfners di Goethe) .. Beethoven, che forse non conobbe ·Schubert, ma certo conobbe ed amò i suoi Canti, disse di lui: - In Schubert è una scintilla divina. Scin– tilla che non diverrà mai fuoco bruciante, ma che in compenso ci darà conforto di luce e di calore. E se a un modesto artista d'oggi fosse lecito invidiare un Grande del passato (ma non è invidia: è solo devota, commossa riconoscenza, e forse segreta nostalgia) io vorrei, - più di qualche appassionato ·melodramma, di qualche altisonante Sinfonia o di qualche Fuga magistrale, - aver composto una di queste pure e semplici melodie : Du bist die Ruh o Litanei fiir das Fest « Aller Seelen » : si direbbero dettate da Dio per la consolazione degli uomini. MARIOCASTELNUOVO-TEDESCO. EDOARDO ScARFOGLIO, Le più belle pagine, scelte da ALBERTO CoNSIGLIO (vol. 56 della collezione diretta da UGo OJ1iJ'P.1'1). - Treves, Milano, 1932. L. 14. . Quando, tanti anni fa, cominciammo anche noi a baizzicare le reda– zioni, c'era vivo nelle fantasie uno Scarfoglio quasi mitico, ancorato nel golfo partenopeo o battente bandiera propria per le acque mediter– ranee e che a b~rdo del suo yaaht, nave liburnica, navis praedatoria, scriv~va per il suo giornale i più potenti o prepotenti articoli che mai lioteca Gino Bianco

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