Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
LIBRI. LUIGI PULCI, Il Morgante, a cura di GooRGEB. WESTON.- Laterza, Bari, 1932. Due voll. L. 80. Anche nelle odierne celebrazioni centenarie del Pulci si è sentita ripe– tere la domanda: Il Morgante è un poema satirico o una parodia della ca– valleria ? C'è l'anima precorritrice del Cervantes o del Tassoni? Vana questione di parole, che per un certo tempo ha distratto i critici dal com– prendere il vero spirito informatore del poema pulciano, che non è né sa– tirico, né eroicomico, né burlesco, né umoristico, ma nel campo della poesia cavalleresca occupa un posto a sé, senza aggettivi che possano qualificarne il carattere e classificarlo in qualche casella della vecchia retorica. Nato da una scommessa tra fanatici umanisti, sprezzatori della letteratura volgare, e benevoli ammiratori del gusto del popolo, innar– morato delle leggende cavalleresche, o piuttosto, come l'autore ci assi– cura, d al desiderio di appagare la pia Lucrezia de' Tornabuoni, il Mor– gan.te è cresciuto opera d'arte in grazia della calda simpatìa che quel buonte mpone del Pulci sentiva istintivamente per le manifestazioni in– tellettuali del popolo; dal quale non si contentò di attingere is,pirazione, e materia, ma prese addirittura in prestito l'argomento con la trama bell'e svolta, per levarsi, senza, sforzo inventivo, il capriccio di gareg– giare coi cantastorie popolari. Ben presto però il capriccio, risvegliando le sue facoltà artistiche, gli si trasformò nel bisogno di dare più libero sfogo alla ricca vena del suo buonumore; ed esaurita la trama del Can– tare d,Orlando il Pulci continuò il poema sulla trama d'un altro cantare, La Spagna in rima. E le figure di Orl,ando e Rinaldo, di Gano e Carlo Magno, come tutto il mondo cavalleresco escono profondamente rinno– vati dal soffio giocondo che spira dall'anima del poeta, che finalmente nelle bizzarre avventure dei paladini trovava la possibilità di godere spi– ritualmente quello che la realtà della vita con le angustie e con le penose rinunzie quotidiane ostinatamente gli negava. Certo una parte del buonumore del Pulci è affidata a quel linguaggio fiorentino che nella vasta gamma del suo spirito comico, andante dal sorriso bonario alla smorfia beffarda, è una fonte inesauribile di comi– cità; e il Pulci, pur tenendosi in una sfera più elevata dell'umile can– tastorie, si compiace di adopera.rlo nella sua forma fiorentinesca rude e BibliotecaGino Bianco
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