Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

Plotyka o l' Anti-Hollywood 611 vietico di domani. Né Cervantes, né Shakespeare né Stendhal né Do– stojevski, né Turghenief, per quanto tendenziosi diventino riu~ciranno mai a dare spirito universalmente vivo ad un film sovieti~o. Quel che minaccia di riuscirvi invece, e nel più originale dei modi è la musica. Poiché la soluzione di tutti i problemi estetici del film ;o– noro è ormai soltanto in una musica nuova, prettamente cinemato– graifica, e poiché il cinema sovi~tico è nel mondo l'unico che abbia già il senso e l'esperienza di questa musica panteistica, animatrice del film e non ad esso incollata, Plotyka ha oggi tutte le probabilità di diven– tare la metropoli d'una nuova scintillante arte, univeraale ed alata come lo spirito dell'armonia. La musica sovietica ha già penetrato il giuoco dell'immagine cinema– tografica, come nessun'altra ha saputo fare nel mondo: è ,già uu curo panteistico di voci terrestri e celesti, un'orchestra di rane, di grilli, d'uccelli, di macchine striscianti e volanti, di fruscii, di cigolii, di sibili, di fragori: è già una musica di cose, che ha trovato finalmente nell'or– gano cinematografico il suo onni'Possente strumento. Alastor, il genio della solitudine, e 1 Sismo, la reboante universale vertigine, vi parlano con lo ,stesso accento d'immediata verità. Il movimento musicale ,sovietico è oggi, senza dubbio, la cosa più ricca, d'avvenire per il cinema russo, la sua più sicura garanzia d'ori– ginalità. L'Unione ha saputo dare uno straordinario impulso alla mu– sica, corale, teatrale, cinematografica. Le associazioni promosse da Irma Iaounsem e da Mrussimiliano Steinberg per l'interpretazione corale e strulIIlentale delle melodie popolari e per il loro a,dattamento e la loro circolazione, hanno creato un'atmosfera musicale straordinariamente vivace, una specie d'universale sinfonia a cielo aperto, che lo Steinberg chiama, .per l'appunto, Sinfonia etnografica o Etnografia sinfonica. Da quest'atmosfera na-scono già opere nazionali, come quelle della repub– blica Uzbèke, fondate sull'uso ·sinfonico di strumenti popolari, e quelle georgiane e quelle tartare tra cui la celebre Eohtché (Il compagno), che ha avuto uno strepitoso successo in tutti i paesi dell'Unione. In queste opere la musica esce sempre fresca, con rumori e suoni rea– listici, dall'imo gorgo dell'azione, senza belletto strumentale d'alcun genere, con un candore panteistico che non ha l'eguale. Somiglierà ben spesso al dionisiaco ditirambo, ma Federico Nietzsche voleva che anche la tragedia, greca fosse uscita da un siffatto ditirambo. Quest'origine non è più vera per noi, ma le opere d'un Davidenko, anche se ben lontane da quelle d'un Sofocle o d'un Euripide, si presentano oggi nella loro bar– bara freschezza, alle folle sovietiche, come straordinariamente vive, ed emozionanti e nobilitanti non meno di quel che si presentassero le sofo– clee e le euripidee alle folle greche. Anche se estremamente popola– resca nei modi, ogni musica che sia nata dalla terra e dall'emozione, ha qualcosa di divino. È la sua aristocratica artisteria quella che uccide la nostra musica. Attraverso la stessa varietà infinita di suoni naturali più che stru– mentali lo stesso giovanile entusiasmo panteistico -sta invadendo la mu– sica cii::ematografica russa. Lo Sehostakovitch, cui s'accennava già a proposito del programma cinematografico della prosSÌD:!a stagione, è BibliotecaGino Bianco

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