Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
Plotyka o l' A.nti-Hollywood 609 solo ~i sobbar~a~o a questo ma s'impongono un carico anche più op– pressivo. Commc1a allora una lotta piena di taciturna atrocità fra il l~vo 1 ratovr~ e la materia che minaccia, ogni giorno, ogni minuto, di schiac– Ciar o. mcerà la volontà illuminata o l'oscura materia? Potete imma– ginare con che vigoria simbolica sia presentata questa guerra quoti– diana, ridotta dall'arte cinematografica ad un dramma primordiale del chiaroscuro. « Non vi sembra, - chiedeva testè in Leningrado un arguto bolscevico ad un osservatore italiano - che la, cosa forse più grande compiuta dal regime sovietico, sia proprio quella' d'ave; messo tutto un popolo ai lavori forzati?». La tragedia infatti di questo popolo agricolo e lento, dannato d'improvviso alla disciplina indu– striale degli sforzi intensivi, è qualcosa che solo il genio artistico russo può descrivere, col suo realismo assetato d'ideale. Solo il cinema russo ha oggi la sincerità di presentare il lavoro come il più tragico degli sforzi, come una conquista supremamente dolorosa. Questa nota d'af– fanno ritorna sempre, anche nei clocumentarii più lievi. In altri paesi il lavoro, massime quello dell'artigianato, si presenta sempre come una ret<?rica idilliaca. Nel cinema russo, anche l'artigianato è insoddisfa– zione, ricerca, ascensione. Potete immaginare qualcosa ùi più tradizio– nale e di più pacifico che la « Fabbricazione dei ta;ppeti del Turche– stan » ? Ebbene, anche d'un umile documentario di questo genere, in– troducendovi una comparazione ass,idua, un' ansia di miglioramenti, una gara, il cinema r1.1:sso riesce a fare un dramma dello spirito. Se il cinema russo, per dritto o ,per traverso, è sempre didascalico, la poesia didascalica russa ,è sempre assai più sensitiva, emotiva, arti– stica, che razionale. Ecco infatti l'estetica un po' stereotipata delle drammatiche ascensioni trionfare anche nella corrente produzione del Soiuskino. Lo spettatore sovietico vedrà, nella prossima stagione, non solo il dramma degli operai che ,si assumono lo sforzo inaudito in Piano d'incontro, ma anche il lento progresso tecnico e culturale dei minatori, e la difficile ricostruzione dei trasporti, e la laboriosa meccanizzazione del bacino del Don, e, sovratutto, la travagliatissima trasformazione del contadino in lavoratore industriale. Questa è, in nuce, la tragedia per eccellenza della Russia sovietica: e lo stesso regista Jutkevitch ha affrontato il tema in Montagne d'oro, una pellicola parlata e sonora. La musica è del più illustre maestro sovietico, dello Shostakovitch. . In Montagne d'oro i contadini russi vedono adunque un loro compa– gno assurgere alla dignità di proletario industriale cosciente, attra– ver,so le burrascose vicende del doppio Rciopero del 1914 nelle officine di Putilov e nei pozzi di Bacù. Dicono quelli che han già potuto ve– derla, che quest'odissea, impacciata da dialoghi troppo lunghi, .sia alquanto oppressiva per gli spettatori, e che soltanto la musica sia degna di nota. Ben più promettente è ancora, tutto sommato, la produzione che il Meschrabpom ha già condotta a termine, o avvia, per la prossima sta,.. gione. Qui l'abbiam già detto, siamo di fronte ad un'estetica un po' più intellettua'lizzata ed un po' meno praticamente interessata. Innanzi tutto troviamo qui il Vertov, il poeta -della macchina da presa e l'asser– tore dei valori estetici obiettivi dell'immagine. Egli lavorerà per il Me- s9. - l'eg,uo, blìoteca Gino Bianco
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