Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932

604 U. Ojetti affermerei che, se foste stato italiano, la vostra predicazione e il vostro esempio avrebbero avuto qui una maggiore fortuna di quella che hanno avuta a Parigi. Voglio dire che, avessi.mo noi (e non so se sarebbe un grande beneficio) un'istituzione come la Comédie Française, voi oggi ne sareste certamente a capo. Io non sono un commediografo e posso liberamente numerare i pre– senti mali della messinscena; e poiché da noi il teatro d'opera ha dieci volte più spettatori del teatro di prosa, enumerandoli penso a quello più che a questo. Il primo male è lo strapotere del mettinscena. Non il solo librettista ma lo stesso musicista. è il suo servo. Quello che un Verdi poteva chiedere al suo Piave, di tagliargli e ritagliargli i versi su misura, oggi il mettinscena lo chiede all'operista e, potendo, al direttore d'orchestra. L'aiuta in questo il maestoso esem.pio .del cine– matogra,fo, dove chi dà la tra,;ma d'uno spettacolo, deve, riscosso il -suo, andarsene lqntano perché lì è padrone l'allestitore, con una certa ragione, visto che il cinematografo, anche .quello parlante, s'indirizza prima di tutto agli occhi, e una bella trama è solo una buona occa– sione per lo spettacolo visivo, e. il consenso, l'ammirazione, la commo– zione entrano in quel pubblico dalle pupille. Al teatro invece l'udito è, o dovrebbe essere, il padrone: per la vista, basta non ·offenderla; meglio, se anch'essa è •soddisfatta, ;ma solo in quanto quello che ve– diamo della scena e degli attori, aiuta .la comprensione e agevola l'azione del dramma cantato o recitato. Il m.ettinscena invece è di– ventato il tiranno anche del teatro e squarta, vuota, gonfia, ricuce senza rimorsi quello che il drammaturgo o il musicista hanno creato e che per lui è come la creta per lo scultore. Protestare non giova. Il met;tinscena .parla difficile quanto uno scienziato. Egli solo ha la chiave di tutti i misteri, solt3illtO perché gira o fa girare la chiave d'un com– mutatore. Uno dei nostri più stimati. disegnatori di scene, Virgilio Marchi, ha ,inventato la parola scenotecnica e, tra le tante doti elle chiede allo scenotecnico, ha posto persino « una solida preparazione nelle scienze esatte. » Nei vostri Ricordi leggo che in sette od otto mesi, dal- 1'ottobre '13 al giugno '14, voi avete potuto imparare il mestiere. di .attore, di mettinscena e di direttore. Anche le scienze esatte ? Badate. La mia speranza nel logico proporzionarsi della messinscena alla poesia viene anche €!.al fatto che molti artisti nostri si dedicano -0rmai alla' messinscena con a,r,dore, abnegazione ed ingegno: _pittori e architetti.. Ve n',è, s'intende, Glibuoni, di ottimi e di mediocri, tra i pittori e tra gli M'chitetti, e si poté vedere neU'utile mostra d~lla pri– mavera scorsa a Milano. Ma il pericolo maggiore viene dagli architetti, quasi che ad essi sia più difficile essere modesti e accostarsi con umiltà :al cuore della .poesia .. Sempre i .grandi scenografi italiani, dal Serlio ai Bibbiena, sono stati archltetti, ,ma erano temp;i, tra il Sei e il Sette– cento, di fasto e anche di sogno; e, prima che in pietra, gli architetti solevano appunto fare ,~ratica dell'arte l01m ,in tela e in gesso e in cartapesta le quali sono materie m@o costose e portano a rischi più br_evi, e facevano questa ,praMca non solo al teatro, ma neg:li archi di trionfo, nei catafaJ.clli, nelle macchìne per danze e per fuochi. Ora inv.ece ·non v'è ehe il teatro, e pesano su molti cli ques.ti architetti il ricordo del BibliotecaGirio Bianco

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