Pègaso - anno IV - n. 11 - novembre 1932
592 G. Alvaro rono di insulti e di esclamazioni di scherno. Si ritirò, apparve poco dopo vestito ugualmente da doµna, ma fingendo questa volta d'es– sere una cantante second'o la moda di venti anni fa, una cantante di caffè concerto, e nelle mosse e nel ritmo raffigurava l'ideale della d-onna di quel tempo, come la volevano gli ufficiali, i soldati, gli aristocratici, i borghesi del vecchio regime. Chiusi in quelle stanze, in un caldo torrido, e col senso del freddlo intenso che fuori assot– tigliava l'aria, e quasi alleggeriv-a il peso dii tutti i COI'\Pi e degli edifizi stessi, eravamo tutti tornati a uno stato feroce èd elemen– tare. Qua-ndo il secondo spettacolo fu finito, si agitavano tutti sulla sedia, ognuno tentava di contraffare l'espressione di qualche per– sonaggio odiato, ognuno si ricordava del suo nemico; e questo fa– ceva sentire il duro giogo della società, l'eterna obbedienza e sot– tomissione degli uomini, e ciascuno era soltanto un povero essere armato d'el suo odio. Un trattenimento come quello, io non l'avrei mai immaginato. Paesi e nazioni, governati e governanti, gente povera e gente ricca, potenti e deboli, sfilavano in quella rappre– sentazione, come se non esistessero più né patrie, né religioni, né dolori, né trionfi, e tutti erano contenti di quella che pareva una ,prova di libertà di spirito. La sala fu piena di gente che gesti– colava: cantavano, ballavano, marciavano al passo; rifacevano ognuno il processo agli odli.idella sua vita, ognuna si frugava nel cer– vello per trovarvi qualcosa da mettere in ludibrio. Da una parte, un gruppo faceva la commedia dei generali, fingend'o Ùn consiglio di guerra, e pure tutti noi uomini avevamo combattuto, e forse ci _ eravamo trovati a soffrire gli stessi dolori sullo stesso fronte ; la donna leziosa, per suo conto, faceva il verso dii una cantante n~o– letana, e alla fine della frase faceva sentire quel piccolo singhioz210 che molti cantanti dozzinali mettono davvero. Erano tutti stanchi e affannati, avevano perduto il loro tono tranquillo e manieroso. Solo quando Elfrida porgeva da bere, tutti tornavano ai piccoli inchini, e alle solite frasi di convenienza. Nella lucidità delle ore notturne e delle bevute, -si trasfiguravano i volti, e ognuno era il rappresentante d'una categoria umana odiosa all'altra. - Noi sia– mo Europei, Europei, - diceva trionfalmente la donna socialde– mocratica, e pretendeva che tutti brindassimo non so a che cosa. Quello stato di eccitazione aveva scosso tutti, e nel fondo di ognuno s'era destato un odlio senza ragione e senza obiettivo. Lo svedese faceva la caricatura d'un intellettwle tedesco, e lo riproduceva alla perfezione; prima di tutto lo simulava ubbriaco, e con tanti tort~osi ragionamenti, i distinguo, le sottigliezze, i !Problemi di cui la signora esigente ci aveva gratificati in princi!Pio a proposito dei problemi del letto e dei problemi del caldo. Lo raffigurò poi nel– l'atto dli conquistare una donna; e con la mano sul divano, par– land'o affannosamente, non faceva che avanzare la sua mano verso Biblioteca Gino Bianco
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