Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

468 A. Janner riuniva in sé tutte le qualità che un uomo possa avere; e già nella sua tesi di laurea scelse come tema la storia della fama di Cesare; e quello studio ampliò più tardi e ne cavò questo bellissimo libro. Se un'opera del Gundolf merita d'essere tradotta in italiano è certo questa, poiché essa avrebbe in Italia altrettanto successo che in Germania 1 ). Non è la storia di Cesare ma della sua fama, cosa non mai stata fatta, e che ri– chiedeva lunghi studi e vastissime conoscenze in tutta la, letteratura europea; e si afferma che Gundolf la scrisse d'un tratto con tutte le ci– tazioni, senza compulsare alcuno schedario. Ad ogni caso essa gli riuscì una cosa interessantissima, uno specchio nuovo ed originale del vario modo di reagire dei popoli e dei tempi di fronte a una cosi grandiosa figura di sovvertitore d'un ordine stabilito e di creatore d'un ordine nuovo. Gli italiani furono i p-rimi che con Federico II, Dante, il Pe– trarca, il Mantegna, scoprirono, dopo l'oblioso medioevo, tutta la sug– gestione che emanava da, questa incomparabile figura di dominatore, fissandone in un certo senso la fama per i secoli. Dall'Italia questa fama si sparse poi di nuovo in tutti quei popoli che da Cesare erano stati soggiogati e aperti all'influsso della cultura greco-latina. _ Il Gundolf studia dapprima le risonanze che le gesta di Cgsare su- scitarono nelFa,ntichità stessa, sia per i suoi Commentari, sia per i giudizi entusiastici od ostili che ne diedero i contemporanei, Cicerone, Sallustio, Catullo; poi l'immagine che di lui si f!,\Cerogli storici impe– riali Plutarco e Svetonio che fissarono definitivamente per i posteri i tratti rappresentativi del suo carattere e del suo destino: tratti che ispirarono fra altri drammi il grandioso G1lulio Geswre di Shake– speare, e che ancor oggi dominano la nostra fantasia. Poi come Lucano ne~ ,suo Pharsalia creò il mito di Cesare e come in tal modo la sua .figura acquistasse ancora più di potenza, di pathos e di s1,1ggestione: suggestione che agì su poeti come Dante, Corneille, Goethe e Hugo. A poco a poco però, presso gli storici del basso Impero, la sua fama si oscura, si perde, si stilizza in una forrnola, in un nome, in un segno. Da Augusto Cesare fu elevato a nume protettore dello Stato e cosi riCO!).OSciuto poi da tutti i RUoi successori. Ngl Medioevo la figura, di Cesare perde la sua reaUà storica, i suoi tratti personali e si riduce a un nome magico, simbolo -di una dignità, di un diritto statale. Dimen– ticate le sue gesta, il suo volto, il suo genio personale, muta la sua fama di scrittore. Egli vive bens:i ancora nella memoria dei popoli da lui soggiogati e vinti, ma mescolato a.Ua leggenda, collegato ad avve– nimenti fantastici. Gli ·si attribuiscQno fondazioni di città che lui mai non vide; acquista fama di taumaturgo. Più tardi, con altri eroi del– l'antichità e della storia sacra, diventa uno dei tanti perfetti cava– lieri, adorno di tutte le virtù medievali, con vaghe allusioni alle sue imprese, ma pur sempre senza volto senza anima individuale. CO%i, in un'armatura del tempo, accanto a Davide e a Tristano, egli appare nelle leggende, nei romanzi, nelle tappezzerie. Finché nella fantasia d'un geniale ed audace imperatore del primo Rinascimento, Fede- 1 ) 1l: uscito in questi giorni in traduzione italiana a cura di EmGENIO GIOVAN– NETTI, ,presso Treves, Milano. BibliotecaGino Bianco

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