Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

Federico Gundolf 465 le .finezze di pensiero e le sfumature mondane della lingua dell'epoca elisabettiana. Nel '700 poi lo .Shakespeare non penetrò in Germania, a causa della sua forma contrastante col dominante classicismo d'impor– tazione francese. Perciò quando la lingua tedesca sarebbe ben stata in grado d'assimilarsi una certa parte del mondo shakespeariano trovò l'opposizione del pregiudizio razionalistico, legato alle astratte e con– venzionali unità della tragedia francese; finché il Lessing, razionalista anche lui ma di ben altra levatura, dimostrò che lo Shakespeare rispet– tava quanto i greci stes·si le vere leggi d!,ll dramma teorizzate dai fran– cesi in forme assolutamente arbitrarie. Ma il Lessing che aveva giustificato come forma il dramma shake– speariano, non ne aveva ancora compresa tutta la sostanza. E fu il compito di Herder di conquistare allo spirito tedesco lo Shakespeare anche come sostanza artistica. Herder col suo riconoscimento dei diritti della fantasia nell' opera d'arte, sorpassò definitivamente lo stretto punto di vista razionalista: introdusse nella critica letteraria i con– cetti di creazione e di evocazione lirica; del linguaggio come ritmo e movimento, come colorito e atmosfera. Solo allora i tedeschi furono in grado di comprendere appieno lo Shakespeare. Il quale tuttavia poté essere tradotto solo quando il genio di Goethe ebbe arricchito di tanto la lingua tedesca che questa poté adeguarsi completamente a quella shakespeariana. Allora i romantici, nutriti del sacro fuoco di Herder, educati alla ricchezza linguistica, di Goethe, pervasi da un loro proprio senso della personalità e di tutto ciò che è vivo, mosso, vibrante e colorito, poterono dare (Schlegel) una traduzione per cosi dire perfetta dello Shakespeare. Questa la linea ,sommaria del bellissimo libro, scritto in una lingua, ricca e precisa, che non rifugge dal riprendere vecchie parole o dal co– niarne di nuove per derivazione o composizion!,l qualora lo giudichi ne– cessario per meglio fi-ssare un certo concetto, una certa sfumatura; e che può sembrare ricercata solo a chi vorrebbe poter leggere una storia di distinfiloni e di finezze spirituali colla stessa facilità con cui si può leggere la storia di una scoperta geogrrufìca o di un avvenimento storico. Il metodo dell'indagine è limpido e chiaramente indicato : « la nostra intenzione è di dare una storia di aq;ioni e reaq;ioni e non la cronaca di fatti letterari e di psicologie d'autori ». E franco è il riconoscimento che un tale metodo può essere indicato ma non insegnato, poiché non si può insegnare a comprendere e a valutare i valori estetici e vitali a chi non ne abbia il senso : « La storia ha da fare con quel che è vivente. Perciò qua,nto ciascuno considera come vivente determina la sua con– cezione della storia e del suo metodo. In ciò che cia,scuno vi accoglie o vi ripudia,, v'è già un giudizio •su quanto !.lgliconsidera vivente. Dun– que anche il metodo, in guanto si tratti di presentare una cosa e non solo ,di raccogliere materiali, non si può imparare né si può insegnare. Il metodo è un modo interuo di sentire, e nessuna storia ha valore se non è vissuta.». Tutto il libro è pervaso dal senso di ciò che è vivente, dal sentimento dei rapporti esistenti fra le varie forme dello spirito; e l'autore giunge a formulare anche le realtà spirituali più alte e quasi inafferrabili con precisione d'immagini e di concetti. Per molti que~ 30. - Plga10, BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy