Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

456 C. Alvaro fosse un altro, dominio di tutti gli uomini in ogni parte del mondo. -Questa realtà mi offendeva, sentivo che non era a me che si era rivolta cotesta donna, ma a un frammento umano che aveva in– contrato per caso; divampò in un risentimento cocente, in una specie d'odio che si trasformava poi in una nuova curiosità, e in un desiderio di offend~rla allo stesso modo. Mi sorpresi che facevo un gesto teatrale, di coprirmi il viso col gomito piegato, e di mor– morare : « Ohe brutta cosa, che brutta. cosa>>. Una per una le im– magini di quella notte si riprodussero nella mia fantasia, e gli oggetti intorno, la, tenda, la porta, il pomolo della porta, e le i-e– die, tutti complici e come strumenti di una- tortura. Ed ecco che rivedevo Elfrida~ come si avvicinava nel buio, come correva a tratti nella stanza da bagno. Sarei uscito, avrei respirato l'aria buona, forse c'era anc6ra la neve in qualche luogo, e io avevo bisogno di vederla, bianca. Sarei passato davanti a un giardino intravisto, dove tra la neve era una cassettina su un palo, aperta per rifugio agli uccellini infreddoliti, e dentro era dipinto un letto e un fo– cone, ma c'era anche un pugno di vero miglio e di riso. Mi ricordai che poco più oltre, in un altro giardino, un fabbricante di pietre tombali vi aveva esposto un suo campionario, con le date in bianco, e la neve ai piedi di coteste pietre formava un candido drappeggio. Sarei andato a rivedere anche la fontana, poco più oltre, coperta di paglia contro il gelo. E la stessa folla mattutina degli autobus, torpida di sonno, ·con l'attenzione fissa dei suoi sguardi nel vuoto, come ,se stentassero a riconoscere il mondo. Questo mi avrebbe fatto bene rivedere. Ecco che cos'era un'avven– tura come spesso. l'avevo premeditata, senza attenzione e cura verso l'altro essere, edl ero stato ferito colle mie stesse armi. Pen– savo che ormai avrei avuto tali sentimenti per compagni tutta la vita, che me ne sarei ricordato quando meno me lo fossi aspettato, che non lo avrei potuto confessare ad altri che a me stesso. Ma anch'io avevo agito allo stesso modo, come se Elfrida non fosse fatta della mia stessa qualità umana. Forse era· la differente na– zionalità che ci aveva tratto in inganno ; e solo che ora ci fossimo riveduti alla luce, come la prima volta nel bosco, in quella inge– nuità della neve e degli alberi, certo ci saremmo ritrovati con la novità del primo incontro, come se il delitto compiuto fosse stato commesso dia altri e su altri. iMa ella era fuggita, e ora avrei vo– luto rintracciarla solo per ascoltare la sua voce. · VII. Di questi sentimenti si colorò tutta la mia giornata. Piano piano ella risorgeva nella mia mente, i particolari più sgradevoli si erano velati, e altri ne apparivano più incantati e facili; come BibliotecaGino Bianco

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