Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

Solitudine 449 gradevole. Almanaccavo ancora sul modo di ritrovare quella donna. Nel libro del telefono, sotto il nome Bauer erano allineate una ventina di colonne fitte. I nomi propri dietro a quel cognome saltavano su come in un calendario; le professioni offrivano il pa– norama di un mondo ch'iuso nelle sue case e nella sua condizione come in un'arnia. Ma· poi, di sicuro l'avrei riconosciuta se l'avessi incontrata ? I suoi tratti si confondevano ora nella mia mente con quelli di altre persone incontrate nei viaggi; ella assunse d' im– provviso l'aspettò d'una donna che avevo appena conosciuto a Milano, e che ora mi tornava alla mente come se incautamente avessi aperto un cassetto e vi avessi rinvenuto una cosa d'el tutto di– menticata. Ebbi l' idea di telefonare alla mia padrona di casa, nella pensione dove m'ero stabilito, se per caso qualcuno avesse cercato di me. La voce della vecchia signora, filtrata dal micro– fono e divenuta quasi infantile, rispose che no, nessuno aveva ,cercato di me; e questo « no >> venne da una buia profondità : e io speravo di aver udito male, o che ella scherzasse e che alla fine mi avrebbe confermato che sì, la signorina Gertrude aveva cer– cato di me. Ma per caso, non era ella rimasta a •Monaco ? O forse era morta. Chi lo sa, che cosa accade tra la folla enorme, fra tanti esseri che non si conoscono, negli inverni lunghi e crudeli. Come accade in simili casi, desiderai ardentemente Gertrude, e nella mia memoria ella ormai non era più che un nome. Mi ricordavo del gesto d'ella sua mano sul petto, quando ebbe bevuto il vino, e dei crisantemi che s'erano sfogliati sul marciapiede nero della stazione di Monaco, e il tono della sua voce quando mi disse: - Non si ferma a Monaco. ,Mentre stavo così pensando, mi accorsi, levando gli occhi, che al tavolo di fronte al mio erano sedute due donne giovani. Una di esse mi guardava fisso e finì col sorridere come a se stessa, quasi le avessi suggerito un' id'ea curiosa. Per quanto io sia stato un poco vanitoso, come tutti gli uomini a una certa età, devo dire che la causa di ciò erano i segni di improvvisa attenzione che sco– privo nelle donne quando m' incontravano. Era come se faces– sero una scoperta; dopo molte di queste prove divenni un po' fa– tuo, e alla, fine mi guastai' del tutto. Si stupivano o ridevano al– i' improvviso come bambine che desiderino un giocattolo, e devo dire a mia discolpa che sulle prime di tali incontri io non credevo che quei segni di attenzione fossero rivolti a me, ma a qualcuno che mi stesse dietro. E ora, quanti occhi e quante espressioni ri– cordo! Dunque mi accorsi che una di quelle donne mi sorrideva. Ebbi un sentimento forte di me stesso, e furbo ; una cosa che gli uomini conoscono, quando si sentono un'esca e un allettamento, un inganno al quale le donne mordono avidamente. ·Ma il gioco potrebbe terminare qui, e sarebbe abbastanza semplice. Fu come 29. - Pègaao. BibliotecaGino Bianco

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