Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

C. Alvaro l'incidente si riproducesse. Non speravo più d'incontrare Ger– trude, e misurai la solitudine delle grandi città. Mi pareva tuttavia di doverla incontrare, come un giocatore ostinato aspetta l'uscita di un numero. Fino a che mi decisi di presentarmi all' indirizzo segnato. Era una lunga strada, che fiancheggiava una siepe da una parte dall'altra una fila di case uguali in cui il corpo avanzato della' costruzione e le terrazze disegnavano una serie di grandi croci che un color rosso mattone metteva in rilievo. Mi parve di riconoscere Gertrude in una di quelle donne che and'avano fretto– lose con la borsa sottobraccio. ·Mi misi a correre fino a che non l'ebbi accostata, mi accorsi che non era lei, e ne ebbi un'occhiata diffidente. Salii le scale, lessi sulle targhette degli appartamenti nomi che non conoscevo, mi provai a suonare a una porta, una voce allarmata rispose di dentro, un brontolio, poi più nulla. Ebbi per un attimo paura che una di quelle porte si aprisse e ne uscisse gente allarmata alla quale nell' imbarazzo non avrei saputo dare spiegazioni. La scala era deserta, il portiere a basso era chiuso nella sua stanza, sullo sportello era calata una tendina. Ero dlisceso piano piano e mi trovai sulla .stradla. Un treno di città passava di là dalla siepe, più oltre certi edifizi volgevano le spalle senza finestre al chiasso e al fumo del treno. Si scorgeva la piccola sta– zione di ferro, la diga nera della ferrovia. Ripercorsi la strada che avevo fatto e mi ritrovai in una piazza abbastanza popolata; ma sbadatamente, invece di servirmi dell'autobus, volli percorrere un pezzo di strad'a a piedi. Mi trovai in un'ultima stazione di treno urbano, vidi una foresta d'alberi nevosa, una casa tra la foresta, illuminata e incandescente in quel bianco. Il mio passo sulla neve mi ricordò la mia solitudine. Una cop– pia dj innamorati abbracciati mi sfiorò; tra albero ed albero d'ella foresta l'aria era densa e pendeva come un velo fra tronco e tronco .. La casa nella foresta era un caffè dove stava gente attorno ai tavoli, in una sala tranquilla e calda, e così lontana dal mondo e dal movi– mento della città che vi si respirava aria di rifugio e di tranquilla avventura. Sed'etti. Nella mia fantasia i tratti di Gertrude s'erano composti in un' immagine lontana e amica, che era ormai un sogno e una fantasia con un lieve colorè di carni e un tono di .voce; pro– vavo la voluttà d'una cosa perduta. Al chiarore d'elle lampade che simulavano la scialba luce d'una sera più chiara, mi vidi nello specchio di fronte quale mi conoscevo; alto, i capelli lucidi come l'ebano e gli occhi grigi che mi fanno uno sguardo un po' vago, e il viso in cui è una piega amara, e che allora mi d'ava un'aria ap.;. passita oltre la mia stessa età; e mi pareva di sapere chi quella piega me l'aveva procurata, come una ferita. Me ne aecorgevo ora in quello specchio straniero, il quale mi rimandava ingentilito, come un occhio non abituato a me, che trovava alle prime tutto BibliotecaGino Bianco

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