Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
Solit1idine 447 mandavano questo prodotto; ed ecco che donne e bambiui, che io avevo veduto nei quadri d'ei pittori, trovavano un impiego utili– tario in questa civiltà, e la bellezza che un tempo invitava a guar– darla, ora raccomandava una rivista, delle sigarette, delle lastre fotografiche. Ed ecco l'eterno fiume degli uomini con la loro razza la loro storia· i loro bisogni, che è vertiginoso pensare come si agi– tino sotto tutte le altitudini. I viaggi, alla fine, d'ànno un senso di vuoto e di vanità. ~H accorsi che ormai non sapevo parlare nessuna lingua. iMi misi torpidamente a pensare quale fosse il nome del Cancelliere del Reich, e a combinare nella mia memoria i colori -della bandiera tedesca come se ave!'isero potuto dirmi qualche cosa. III. Avevo il numero del telefono di Gertrud'e, il biglietto di lei col suo nome e la sua strada; il biglietto era accartocciato, lo scam– polo d'un viaggio, il ricordo d'nna vita anteriore. Ma al numero di telefono segnato su quel pezzo di carta una voce disse: - La si– gnorina Gertrude Bauer non è qui. - Non c'era in quel momento o non esisteva in quella casa ? Ebhi il dubbio cli avere sbagliato numero e lo chiesi con una pronunzia più chiara. La stessa voce rispose sillabando irritata: - Non è qui. - Imistei. - Provi a quest'altro numero, - fu la risposta. Così, da numero a numero, voci rispondevano che la signorina Gertrude Bauer non c'era. Nel- 1' incrocio di quei discorsi, in quella ricerca, una voce tra l'altre s'era intromessa per qualche scambio di linea e disse: - Dolce accento d'uno straniero; - ed era una voce solitaria, forse un tan– tino ironica. Lì per lì non me ne resi conto. ma poi, ripensandovi, tentai di carpire di nuovo quella voce che s'era perduta come se fosse sprofondata; e io immaginavo dall'altra parte, in chissà qual luogo della città, in quale stanza, quella voce capitata in mezzo a una conversazione lontana, svegliata da chissà quale soli– tudine, e che forse cercava anch'essa a tentoni, nell'imbroglio dei fili, l'altra voce. Ebbi un'impressione pungente di aver perduto Gertrude; in ventiquattr'ore m'ero abituato al pensiero di lei, come d'una persona amica, l'unica, nella città, la s·ola che co– noscessi. Con quel senso di libertinaggio proprio degli uomini giovani, ora che non la trovavo immaginavo Gertrude con una fan– tasia fin troppo spinta, e come la persona che mi avrebbe aperti i misteri della città. Era, possibile mai che non si trovasse ? Di là dal telefono voci rispondevano : - Non c' è, non c' è. - Risuona– vano e frusciavano i meandri degli apparecchi come echi e sillabe soffocati. E mai più nulla di quella voce che s'era intromessa e che cercavo ostinatamente stando in ascolto. Occorrevan9 non si sa quante centinaia di combinazioni perchè la probabilità di quel- BibliotecaGino Bianco
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