Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

434 F. Flora da un canto all'altro non per altro motivo, se non perché, dopo una. pianta od un animale, nel manuale, ne segue un altro. E cotesta è, certo, novità; ma è stranezza. Se questi era.no i due maggiori red,a,ttoTi, e i più valenti, no molti altri furono i oollaboratori, e qualcuno ap,p,arve raro e fu,– oome si dice, di passaggio. C. M. 1'allarigo, quel medesimo col quale l'Imbriani compilò la nota Orestmnazia, pubblicò ,qui tra l'rutro,– cominciando nel !Ilumero dell' 8 genrnaio, U!Ilvivace saggio Le cica– late : Carlo Lanza che nelle recensioni, quwsi amichevole contrap– posto al Misantropo firmava Il F'ilantropo 1 ,pubblicò qui, tra gli altri scritti, un aritfoolo dal titolo soolastico M1tta coi tempi Fe 1 spres– sione deU'arte (5 febbraio). Mario Mam.dalari, E. De Luca di Liz– za.no, Bonaventura Zumbini, Giuseppe Barorni, Francesco Prusqua– ligo che, imbrianescamente, scrive Ohed/è la Beatrice (23 aprile), offrono saiggi per un verso o per l'altro interessanti. Anche il Tor– raca appare fuggevolmente !Ilel giornale: un lungo 1saggio inizia il 26 [lOvembre il Fornelli intitolato La critica storica odierna, a proposito delFinvUo di E11,dossiaa Genserfoo. Frequente fu la c-ollaborazione di l1.IIl critico del qua.le l'Imbriani faceva gran conto: Pietro Ardito. Costui aveva certamente inge– gno ; ma qualche sua felice osservazione è sopraffatta da una serie di amalisi elusive, fondate più sopra a,sserzioni che su reali dimo– straz1oni. Il giornale reca i suoi studi sugli i!Ilni del 1Manzoni, Il Na.talei 1 La Passione 1 La Pcntecoste 1 Il nome di Maria: reca, poi U1I1 lungo studfo, i!Il varie pull'tate, su Maria Giuseppa Guaeci. A daa-e Ulll assaiggio della felicità di certe osservazioni (più felice egli era nelle .osservazioni di critica negativa., che [l,Onquando s'illudeva di dimostrare 1a bell<>zzadi una quaJche poesia o di un qualche pas~ag– gio) citerò un passo critico irnl Natale (15 gennaio): Era proprio necessario il dire che l'erta era lunga e montana? E se fosse stata corta e d'un colle, il masso avrebbe potuto superarla ? - E l'aggiunto di scheggiato, apposto a calle, dice qualcosa, che valga, in questo luogo ? Il masso, precipiti da maggiore o minore altezza, per un calle scheggiato o per altra, via, abbandonato all'impeto di frana romorosa o altrimenti, non potrà mai tornare in alto da se stesso. II solo raffronto necessario era questo, che, come un masso caduto non può risalire da sé, cosi nemmeno da sé poteva risollevarsi l'uomo immerso nella colpa; e qui, invece, perché si è voluto troppo particolareggiare, qualcuno di questi particolari non ha tutta la rispondenza col resto. Di fatti, oltre che non è il solo masso descritto dal Manzoni, ma ogni altro anc6ra, che, caduto, resta nel fondo; non concorda bene la similitudine con quel che segue : BibliotecaGino Bianco Né, per mutar di secoli, Fia che riveda il sole Della sua cima antica ....

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