Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

• Il Giornale napoletano della Domenica >> 433 Ecco qui un saggio dello Svicilegio di spropositi (9 a,prile) : Non è poi lecito, a chi si vuol fare storico di un periodo della lette– rat~ra francese, di storpiare il senso ed il ritmo d'un verso del Murger, 11Jcrh;endolocosi : Entre nous ruaintenant, Nini-c'est fini; Manca una sillaba, signor Muscogiuri, manca una sillaba, signor Pisani ! E le ,Signorie loro hanno stranamente vista una Nini, dove nessuna Nini c'era; e van sempre poi vaneggiando di questa Nini, che il Murger non ha mai cantata! Il Murger avea scritto: Entre nous maintenant, n, i, ni, c'est fini, · quel n, i, ni altro non è se non la compitazione dell'ultima sillaba di fini; e, dai francesi, si dice proverbialmente e bassamente, n, i, ni (pro– nunziando enne, i, ni) 0 1 est fini, CQmenoi diremmo : finito e strafi,nito ! punto e basta! eccetera. Dru oan<to suo il Fiorentiino fu a,nch'egli critico severo; ma a lui ma.nC3Jvaquella s,piglfata e a,d un temipo aulica e ironica forma del Misantro1w. Una recensione gustosa è quella che egli fa di Una poesia del Panzacchi. Ben più importante quella che fece del Canto Novo di Gabriele D'Annunzio : egli non negava i meriti del giovane e già celebrato poeta; ma metteva in guardia contro gli irragionati entusiasmi : Noi non conosciamo il signor D'Annunzio : ci si dice, che sia gio– vane, ed un bravo giovane; e lo crediamo facilmente; che abbia atti– tudine poetica lo vediamo, anche attraverso agli scapestramenti della sua musa; né scriveremmo del suo libro, se non giudicassimo di qualche utilità le nostre parole. Una nota severa fra tanto concerto di lodi non fa male, perché il biasimo non ha sgomentato mai chi ha vero ingegno, l'ha soventi volte ingagliardito e ravviato; doveché moltissimi sr potreb– bero indicare, impoltroniti dagli applausi volgari. Il giovane poeta cammina su le orme del Carducci, vorrebbe imi– tarlo, e, se potesse, emularlo; senza riflettere, che al Carducci servi di lunga preparazione lo studio de' classici; ch'ei ne fu, com'egli stesso scri~se molti anni dopo, lo scudiere; che tardi osò di spiccare il volo con le sue penne. Il D'Annunzio ti esce di primo acchito con l'ode barbara, e con un mondo suo. (,.}ual è questo mondo ? Diciamolo con dura franchezza: è un guscio di noce popolato di piante, e di animali : c'è _una flora ed una fauna, e manca l'uomo, il solo e vero soggetto della poesia lirica. E, se l'uomo talvolta vi apparisce, è trasfigurato pure in oggetto naturale, è spesso imbestiato. Ho letto attentamente il Canto novo, e m'è parso d'averne scoperto i fonti. Quali sono? Non i lirici antichi, non i moderni, ma un libro scritto in prosa, la Storia naturale di Aloi8fo Pokorny, adattata all'uso de' nostri ginnasi dal Lessona e dal Salvadori. Talvolta il poeta passa 28. - Ptua•o BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy