Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

« Il Giornale nap1Jletano della Domenica » 431 cosa con la prima Novella del Pecorone. E mi è parso bene stamparla. E Ila riproduco tal'e quale, con la stessa pazza ortografia e con tutti gli spr'9positi del testo a penna. Non che il ridurla a corretta lezione fosse cosa, difficile, e molto meno perché io creda che così., com'io questo pub– blico, s'abbiano a stampare i testi antichi. Anzi appunto per mostrare qua:qto sia cosa stolta e vana il riprodurre (come ad alcuni piace fare, anzi•è di moda ormai fra' pseudo-dotti ciarlataneschi, de' quali è abbon– devo,e l'Italia) il riprodurre, dico, religiosamente, piamente, devota– mente, tutti i lapsus calami, tutti gli spropositi del manoscritto, che si adopera. Così giova far solo in alcuni casi specialissimi, ma per regola generale, no. E con un laido esempio et illaudevole spero disgustare gli assennati di simili capestrerie, che per poco non chiamo castronerie. Se questa em l'op:ùnione che l'Imbriani mostrava dei :filologi e critici !lluovi, ben più severo il giudizio sui poeti : ed anzi di costol'o 1110n si dava pena <ll'esami!Ilaregli spiriti poetici, ma la capacità di far veT1sisecondo una rigorosa toon.ica cui egli dava credito infal– libile. Le Poesie di Autori Contemporanei raccolte per 'le scuo le e · per le famiglie da G. L. Pat,uzz-i gli ispirarono questo comoo.to : Ma, come dal frontespizio dell'Avvertenza si pasea a leggere il vo– lume, oh delusione! oh derisione! oh mortificazione! A poco a poco, ci s'ingenera nell'animo il sospetto, che la nostra patria, in questo secolo XIX, soffra di rammollimento cerebrale; che abbia disimparato, poveraccia, ed a pensare ed a parlare. Questo il meglio, che abbian vergato i contemporanei ? queste le pagine loro da studiarsi in iscuola, da memorarsi in famiglia ? Poffarecldina ! ma, in tutto il volume, non ce n'è quasi alcuna, in cui brilli un concetto originale! ce ne ha pochis– sime, affatto monde· da ogni sproposito di lingua, di metrica, di prosodia e via discorrendo ! Qui Terenzio Mamiani adopera copioso per trisillabo! Luigi Oarrer, per indicare. alzata una di quelle lapidi sepolcrali, che solevano formare il pavimento delle chiese, scrive : Poi de' molti, a terra sparsi, Aprir vedesi un avel; i;embrando accennare ad un sacrilegio nefando, commesso da non si sa chi, atterrando molti avelli! i sepolcri, le sepolture sono sotterra, ma lo avello è un'arca lapidea, quasi sempre elevata al di sopra del suolo. La Guacci sembra prender Lavater per un gallo, chiamandolo: Colui, che suona anQor per tutta Francia ! L' Aleardi scarabocchia questo verso : E brancolano ancor. Però che ancora, nel quale, perché torni, bisogna pronunziar brancòlano, sdrucciolo, o, peggio, br(l;/U]olàno, piano, mentre in Italiano si dice bràncolano : il vocabolo è sdrucciolo ! Guglielmo Raisini adopera imparare per inse– gnare ! Ferdinando Bosio mette la dieresi in ar<iion ! Costantino Nigra ne la toglie giustamente; ma, poi si mangia una delle quattro sil- BibliotecaGino Bianco

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