Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
410 E. De Michelis - Guard'ami, - disse Ugo. - Sono tutto avvilito. - Tu no, ma Giacomo .... - Facciamo la rivincita, andiamo, - disse Giacomo. Era sciocco, si, sciocco e meschino, ma non poteva a meno di provare un'acre puntura per il fatto della sconfitta; si sarebbe sen– tito amaramente deluso finché non avesse vinto lui almeno un giro. Benché lo avesse rimproverato più di una· volta, ripensando ,ora alle carte di Ugo e all'andamento del giuoco doveva convenire che pure aveva giocato bene : anche lui aveva giocato bene, ri– -schiand'o soltanto quando tutta la sua esperienza del giuoco lo con– sigliava a rischiare, non dimenticando gli ,sparigli, calcolando a colpo sicuro le carte che rimanevano e anche com'erano distribuite fra gli altri tre; non poteva rimproverarsi niente. lMa invece di essere contento almeno di questo, proprio d'i questo si accresceva il suo disappunto, e sapeva che non era degno di lui averlo; contro la vicenda delle carte che gli veniva contraria, era come battere la testa a un muro, che perciò non si muove, e il peggio è per la testa, non per il muro. Guadagnare la rivincita sarebbe stato desidera– bile, non 'tanto per trionfare della sorella, quanto per allontanare da sé quel sentimento importuno, e tutt'affatto inferiore, come si dlà una chicca a un bambino perché finisca di tormentare. « Infe– riore? A che cosa inferiore, nella tua vita? Perché il resto vale di più!)) Anche le prime battute d'ella nuova partita andavano male, ormai non valeva la pena dii interessarsene; sta,ccato dalle .cause troppo lievi che l'avevano prodotto restava tuttavia in fondo a lU:i,e forse c'era anche prima, uno stato d'animo amaro, lo stato d'animo di chi si ricorda quand'o tutto pareva dover essere diverso nella sua vita. Er.a sabato : martedì gli scadeva la licenza ; con l'evidenza delle cose che si toccano se ne ricordò a un tratto, e gli si risvegliò, dentro, quel vuoto, quell'odore di polvere, quel senso dli ore- perdute, di anni perduti, e che darsi da fare sarebbe stato lo stesso come non fare niente. Si ricordò di quando riferiva a casa una lode avuta in ufficio, e suo fratello lo canzonava : perché lui non era anc6ra arrivato all'età quando, per giustificarsi ai proprii occhi, si ha bisogno di avere combinato qualche cosa, di credere alla propria necessità e importanza. Anche la sua licenza, andata. E in f.ondo, anche di quella, gli ;restava uno senso di tedio, di ore non sapute vivere, che vuotava di ogni possibile consola– zione il pensiero del ritorno. Con la stessa vicenda di sfortuna per lui e Ugo la partita vol– geva al termine; fu allora che parve a Giacomo di scorgere nell' As– sunta qualche cosa di nuovo, l'aria dli dli.rea se stessa: « com'è bello vivere)). Pareva come se una diversa Assunta fosse venuta a galla in lei, ed ella si abbandonasse in punta di piedi, per non rompere l'avventurato incanto, al suo nuovo modo di essere. Narciso? ... BibliotecaGino Bianco
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