Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
Ricordi su due Re 405 compatibHità optò per la seconda, fece tastar terreno al Quirinale per sapere se Umberto lo avrebbe ricevuto in udienza di conO'edo e n'ebbe risposta affermativa. Strana udienza, perché non si t;att~va di dire al Sovrano soltanto : «accetto. presso un'altra Corte un grado superiore a quello che tenevo nella vostra», ma di annun– ziargli che da quel giorno in poi egli non avrebbe più salito le scale d'ella Reggia. Eppure il Re non solo lo ricevette, ma gli disse spiegarsi benissimo che casa Colonna non 131Sciasseperimere presso la Santa, Sede un diritto storico di così grande onore. Quando poi, nei giorni dell'attentato d' Acciarito, in occasione d'un Te Deum per lo scampato pericolo del Re, s'iniziò a Torino una campagna contro l'Arcivescovo Davide Riccardi, il Re non solo alla prima occasione l'accolse in udienza colla massima cordialità, ma ebbe pa– role sever1ssime contro coloro che cercavano di mettere in mala vi•sta il clero. V'ha di più: due grandi esposizioni si aprirono nel 1898 a To– rino con intenti distinti, quella del cinquantenario dello Statuto e quella dei centenari sacri della città; ma erano co,ntemporanee, finitime e riunite da, un ponte. Il Re nell'attraversarlo per l'inau– gurazione disse ai membri del Comitato d'arte sacra: - So che lo chiamano Ponte della Concordia, e spero veramente che il nome •porti fortuna alla cosa perché sarebbero così necessari la -pace e l'accordo in Italia. Soltanto, col •passar degli anni pareva cessata in lui la fiducia nutrita per un'ora nel 1887 dell'aver in ciò la volenterosa collabora– zione dei ministri. Durante quelle esposizioni fnrono aperti due concorsi artistici, quello pontificio per la miglior figurazione della Sacra Famiglia e quello regio per la miglior opera che celebrasse i fasti riuniti della religione e della patria. Un giorno che il Re vi– sitava la mostra ,del d'oppio concorso, si fermò davanti a uno scara– bocchio che con oscuri ,simboli voleva rappresentare la conciliazione tra lo ·Stato e la Chiesa. Al segretario dell'Esposizione Sacra, Gian Battista Ghirardi, che lo accompagnava e da cui subito' dopo lo seppi, egli chiese che cosa quella pittura significasse, e il Ghirardi spiegandoglielo aggiunse che il pittore aveva voluto alla peggio esprimere il voto di tanti italiani. Il Re gli rispose: - Ah! se la cosa dipendesse da me! iMa io non sono il Patpa che può chiamare il Cardinale Rampolla e dirgli : faccia così e così, sicuro che il Cardinale obbedirà : io posso esprimere una mia intenzione ai miei ministri ed essi seguiteranno a fare a modo loro. Queste tendenze conciliative nascevano forse nel Re da calcolo politico e da quella naturale bontà dell'animo che lo faceva abor– rire da ogni d1scordia, oppure anche d'a una sua coscienza reli– giosa? In verità, l'esser egli pas~ato nella prima gioventù dalle cure educative di Monsignor Pozzi a quelle di tutt'altro indirizzo Bibì1ote.ca Gino Bianco
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