Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

404 F. Crispolti alla larga, ossia cominciare dal far cosa grata alla Santa Sede col favorirne le Missioni. Ed era già pronto un giovane che dovesse · pubblicare uno studio sul gran conto in cui alcune nazioni estere, anche per loro patriottismo, tenevano questa forza espansiva della Chiesa. La seconda conseguenza fu che Leone XIII, edotto di tali buone disposizioni ,dell'animo del Re, ne fece uno dei motivi per cui nel maggio dello stesso 1887 espresse la sua speranza di poter final– mente recar la pace religiosa in Italia come gli era riuscito in Germania. Frattanto Depretis, benchè figurasse anc6ra come presidente del Consiglio, diviene un'ombra. Gli succede nena realtà, e poco più tardi nel titolo <lel ·potere, Cri:spi, il quale, come si sa, accoglie e fa suoi i vagheggiamenti del Re e di Depretis. 11\:(a nel ministero entra Zanardelli. Un personaggio, che me lo riferì, chiede al Re se quest'ultimo ingresso non disturba le viste conciliative. Il Re ri– sponde: - No: ho la certezza che se si riuscisse a concludere, egli ne sarebbe contentissimo. - Difatti Zanardelli, sia detto stavolta ad onor suo, la prima cosa che fece fu di procurare che fosse tolto dall'ordine del giorno del Senato quel disegno sul riordina,mento dei beni ecclesiastici, che per la relazione di Carlo Cadorna, pure uomo religioso, avea ,preso un carattere eversivo. Si sa che a ,quel periodo roseo ne successe da parte del Miniistero Crispi uno anticlericale. Ma il Re fu l'ultimo a perdere le concepite speranze: desiderò di poter far giungere a Leone XIII in occa– sione del ,suo imminente giubileo sacerdotale un dono, e personal– mente volle, nel dispaccio di risposta al sindaco di Roma pel 20 set– tembre, che s'includesse un'allusione a tal giubileo e lo si chia– masse avvenimento fausto. Quando poi, avvenuta la visita del sindaco Leopoldo Torlonia al Cardinale Vicario per gli augurii al Papa quale Vescovo di Roma, Crispi andò su tutte le furie e gli chiese le dimi,ssioni, che furono rifiutate, il Re mandò Urbano Rattazzi iitniore a dire al sindiaco stesso che tenesse fermo nel proiprio rifiuto (in quei giorni sapevo d'ora in ora ciò che accadeva in casa Torlonia). Non accondi– scese al decreto di destituzione se non quando Crispi gli pose il partito alla ma,no·: si sarebbe dimess_olui se il Re non firmava. Era la vigilia della grande giornata giubilare: Roma rigurgitava di gente venuta d'ogni dove: potevasi fasciarla senza governo? E il Re dovette firmare. Ma nonostante quelle delusioni, egli continuò sempre a nutrire desideri di pace, dandone segno implicito con particolari riguardi o al Vatica,no o a Vescovi. Quando il compianto principe Marcan– tonio Colonna, gentiluomo della Regina Margherita, fu chiamato per eredità al posto di Assistente al Soglio Pontificio, e nella in- BibliotecaGino Bianco

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