Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
Ricordi su due Re 401 Re, stanco di questo giuoco, ebbe il corag·gio d'incaricare della for– mazione d'un nuovo ministero il P,rincipale uomo di Destra Quin– tino Sella, e che non fu colpa sua se a quest'ultimo venn~ impe– dito il riuscire. Bisognerebbe ricordare che nel 1893, quando cadde il primo mi– nistero Giolitti, e ,secondo le designazioni parlamentari fu chiamato a succedergli Giuseppe Zanardelli, il Re, accortosi che egli andava formando il nuovo gabinetto a stento e diversamente dalle viste regie, contro potenti influenze della Corte stessa, richiamò al potere Francesco Crisipi. E parecchi altri episodi verrebbero in luce se purtroppo, colla morte di Paolo Boselli, non si fosse estinta tutta la schiera degli uomini che collaborarono col Re come ministri e che sarebbero i migliori testimoni della parte effettiva da lui avuta nella cosa pubblica. Fo:rise r}mangono invece testimoni d'un difetto ch'egli ebbe e che nell'esercizio del potere molto gli nocque : la facilità di comu– nicare ad altri, perfino conversando in ampio circolo, quel che dei grandi affari venisse a risapere e pensasse. Un senatore, oggi de– funto da anni, che a suo tempo fu tra i più autorevoli dell'alto consesso, mi diceva: - Io frequentavo molto il Re per informarlo dell'andamento delle cose ed esprimergli con piena e libera confi– denza il mio parere. Ma ho dovuto cessare dal farlo perché, passate poche om, egli spiattellava tutto ,quel che gli avevo eletto, col mio nome, cognome, ,paternità e patria. Ma anche prescindendo dalla sua influenza nello Stato dimen– ticherebbe uno dei suoi prindpali caratteri chi non nota:a;se che quest'uomo esercitò un vero dominio nella Corte, riportando nella vita e nell'amministrazione di essa un ordine, un rigore e diciamo pure una dignità, che il regno precedente, per tanti lati più graride e glorioso, aveva trascurato. Appena salito al trono, sgombrò il terreno facendo nella reggia cessare immedfatamente e inesorabilmente influssi che per titoli spesso non belli, e non certo a pubblico vantaggio, alcuni aveano esercitato sotto Vittorio Emanuele; ma quantunque egli particolar– mente avesse avuto a dolersi di loro, evitò ogni sipirito e tono di ven– detta; adoprò anzi UIJ-adelicatezza di generosità da rendere impos– sibile il lagnarsi a chi veniva di fatto o moralmente allontanato. E sùbito si dette a regolare le spese. Quale fosse sta,to il loro disordine egli da giovinetto aveva in qualche modo indovinato, ma non saputo bene. Gli servì d'ammo– nimento un fatto accadutogli quando era principe a Milano e che per caso riseppi. Aveva bisogno d'una somma in prestito. Si trovò facilmente chi gliela fornisse, ma quando si fu all'atto d'ella con– segrra e del rilascio di un'obbligazione, il fornitore domandò: - e la seconda firma? - Come, non basta la mia? - chiese stupito il 26. - figU<J BibliotecaGino Bianco
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