Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
H. BERGSON, Les deux @urces de la morale et de la religion 509 tano più allo stato puro: « laprima ha trasmesso all'altra qualche cosa della sua forza di costrizione la seconda ha diffuso nella prima qualehe cosa del suo profumo». E nentre l'una tutela il funzionamento nor– male della vita, l'altra rapp1esenta il progresso, la ·marcia in avanti, senza che si possa propriammte parlare, - precisazione, questa, emi– nentemente bergsoniana, .....-di un fine da raggiungere. Mutatis mutandis, le st• differenze e contrapposizioni valgono per le due religioni. Quel che- c è da mutare è, che, mentre la morale co– mune (sociale, chiusa) è di·ettamente norma pratica,, ·1a religione co– mune (sociale, chiusa) diretamente è «fabulazione», e solo attraverso la « fabulazione» influisce. SJ.lla condotta. Ma s' intende, che in questa influenza pratica è pur seffii)re la sua ragion d'essere, e non già in un valore teorico della fabulazone medesima. La facoltà fabulatoria con– siste in una tale rappres~i;i.t.Lzionedi attitudini, di forze, di esseri come agenti nell'universo che ,, i circonda, da aiutare l'uomo sociale a su– perare ostacoli suscitati ,~'all'intelligenza alla sua azione. L' intelli– genza, per il Bergson, è. ma serva dell'azione, ma una serva che si permette delle infedeltà, /ihe procede talora per conto suo, contro la padrona : donde la n:ece&.<,là di qualche cosa, che rimedi ai suoi scarti. La facoltà fabulatoria, in cui consiste la religione di primo grado (ap– pellata dal Bergson cc sb,:tlca»), _procede per tre vie, o in tre occasioni. L'uomo dotato d'intelligè, za non obbedisce sempre e perfettamente alla legge sociale, come l'anLiale che agisce per istinto. Succede quindi, che egli rivolga .quell'iniziatf,va dell'intelligenza, la quale deve servire a fini sociali, a solo vanta,~o individuaJe. Interviene la fabulazione reli– giosa a presentargli d~lfe forze, degli esseri, che vegliano a protezione della legge sociale, difer.i;J.endo,minacciando e reprimendo. cc Sotto questo primo punto di vista, l~ religione è dunque una reazione difensiva della natura contro il potere dissolvente dell'intelligenza)) (in lingua povera, è la religione custòdf) uell'ordine, la religione-carabiniere). Vi è poi la rappresentazione della morte, - l'uomo è il solo animale che sappia di dover morire, - la quale rallenta il movimento della vita, contraria l' intenzione della nwtura. Allora la provvidenziale funzione fabulatrice ìnterviene a suscitare l'immagine di una continuazione della vita dopo la morte, la quale equilibra l'effetto antivitale dell'idea della morte. « Sotto questo secondo punto di vista, la religione è una reazione difen_– siva della natura contro la rappresentazione, a opera dell' intelligenza, della morte inevitabile)>. (Si potrebbe rovesciare facilmente il ragio– namento bergsoniano. L'uomo persuaso di dover morire può attaccarsi tanto più strettamente a sfruttare la vita finché dura. Credendo invece in un'altra vita, potrà disinteressarsi della pre.sente. Non sono ipotesi arbitrarie, ma fatti di esperienza storica). Infine, l'uomo sperimenta, che la sua intelligenza gli dà un dominio sulla materia, sul mondo esterno ; ma questo domiDio è ben lungi dall'essere completo, illimitato. Non vi sa– rebbe così per lui rispondenza tra lo sforzo e il risultato. Interviene, ancora una volta, la religione a rappresentargli delle potenze, ~he pos– sono piegare ai suoi fini a .natura là, dove egli non arriverebbe. Cosi le rappresentazioni religiose cc sono reazioni difensive della natura con– tro la rappresentazione, da parte dell' intelligenza, di un margine sco-
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