Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932
R. BACCHELLI, Oggi domani e mai 491 e i suoi ricchi ornamenti di meditazioni e ricordi, il punto d' incontro è segnato dall'affiorare dell'antica e segreta vena lirica di Bacchelli. Incline ~ome egli è a compiacersi variamente sia in un realismo un po' greve, cla&sico, se si vuole, ma affaticato, sia in divagazioni di chiaro carattere intellettualistico e astratto anche se riferentisi con insistenza al mito odiernissimo (e crudele come tutti i miti) della conare-tezza e della storia, lo ritrovi tuttavia a certe armonie, a certe pagine nelle quali pesantezze e saccenterie sanno farsi patetiche: tri– stezza della carne, amarezza dello spirito. In quest'ultimo libro la riso– luzione lirica è molto spesso aiutata dal richiamo alla guerra: è la guerra il « perduto bene>>, il felice momento, ordine e azione, forza e bellezza, dietro cui è venuto il tempo della cenere. E in Fabio Anceschi ci sono additate possibilità di salvezza (questa parola religiosa non appare eccessiva al cattolicesimo di Bacchelli) solo in quanto gli è ri– masta nell'anima nostalgia di quegli anni tremendi. Sarà troppo ma– ligno e sofistico osservare che si tratta qui di un tipico caso di giusti– ficazione per fede e non per opere ? Qualcuno ha ricordato, a propo– sito della nostalgia di questo reduce, il reduce antichissimo, Odisseo: il quale però, dopo la caduta di- Troia, tante opere compie, dall'acce– camento di I'olifemo allo sterminio dei Proci, che ritornare col pen– siero alle gesta guerresche non è per lui ricordare e rimpiangere qual– che cosa di lontano e ,di perduto, bensì concedersi una sosta, inter– rompere un poco l'agire col pensare, e giungere cosi alla sua malin– conia : ciò che è accaduto sotto le mura di Ilio è· stato inutile come è inutile ora il lungo peregrinare sui flutti.. .. Di Fabio Anceschi, al con– trario, non si possono elencare opere: alcune velleità e ambizioni si, da quella di <.>rearedopo la guerra, in Italia, un partito 1,olitièo del tipo così detto fabiano, atto nientemeno che a precisare il significato e a cogliere il frutto dell'accesa e disordinata lotta civile seguita alla vittoria, a quella di trasferire la sensualità e la gelosia che tormen– tano e avvelenano la sua vita coniugale su un piano superiore, vaga– mente passionale e vagamente moralistico. Cosi che da una parte è del tutto convincente (anche nei riguardi dell'arte) il richiamarsi di que– sto inetto e sconfitto, di questo umiliato, al tempo in cui g-li fu pos– sibile esercitare una sua funzione e, obbedendo, sviluppare una certa sua intima qualità, una tal quale seria capacità di sacrificio; ma dall'altra questa specialissima fede del reduce è davvero troppo temporale ed umana per p0terlo salvare. Parole da teologi: e le scriviamo soltanto perché, nella conclusione del romanzo, quando Fabio uscito dal car– cere, senza più famiglia, senza più speranza, già in miseria, vede vol– teggiare sulla nuova stazione di Milano uno stormo di aeroplani da bombardamento, e coi ricordi della guerra passata e le immagini della guerra futura, della guerra eterna, la sua disperazione si tramuta in una specie di rasserenata consapevolezza metafisica, l'autore scivola in una delle sue teorizzazioni astratte e non persuasive (la guerra « ma– dre di generosi dolori e di alcuni dei più alti doveri e di passioni tra le più grandi >> ecc. : la guerra « che sfolgora e distrugge e risana>> : e viene in mente la famosa ((guerra-sola igiene del mondo>> di Mari– netti. Ma non si potrebbe, proprio con questo libro alla mano, giun- BibliotecaGino Bianco
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