Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

La poesia di Ugo Betti 479 ma, questo bàlzare di fantasmi da, un'anima tetra, o sconvolta,. Una, .delle lirh)he cupe, Serenata dell'orco,· anticipa,, in certo modo, il mo– tivo de Le ricwrri-atri<Yi e lo supera, d'assai: è la, trasfigurazione della, tentazione sensuale nell'orco che sghignaa.za sulla chitarra la sua sere– nata sotto i palazzi asserragliati delle belle n ude nel loro letto : « Tutte -quante mi state a .sentire Sospirando, E non potete dormire! ». La ten– tazione è, più che lasciva, paurosa: l'innamorato che canta la, sua musica bizzarra, ha gli occhi verdi e le mani pelose. Ecco una delle prime trasposizioni pittoriche quasi riuscite di stati d'animo torbidi. Quante volte leggendo queste liriche si pensa a pittori e incisori di fantasie orripilanti, a figure che -s'alzino dai suffumigi d'uno stregone! È su questo tono Il castello nero : non se ne può dire il tema,, come non si direbbe quello di un rabesco; e non si rimane con un'impres– ··sione urifoa e sicura,: ma che. orchestrazione di echi e di tonfi, che am– -biente di insidie, che architetture negromantiche! Altre liriche sono più unite, pur non essendo riassumibili : Canzonetta, sorda e balzante musica di dolore infusa in un'immagina~ione a fondo rosso e nero; La .sposa dagli occhi celesti, una, storia affascinante e triste il cui signifi– cato non ,è nel fatto ma, in quell'abbandono e bisogno di canto che vien fuori nella chiusa come una confessione e una traccia dell'origine sen– timentale di questa fantasticheria lirica ( « Perché di sera per la buia via Il canto fa da compagnia»). Chiarissima, è U notti senza luna: sembra che qui prendano voce e forma tutte le paure della notte sparse nelle leggende e nelle credenze popolari. .Sentite il principio : « Tutte le notti si sente chiamare : - Buona gente, fatwni alloggiare ! .Sono un pellegrino, m'ha colto la sera, Sono sperso per la strada nera .... ». Nel musicare la paura, l'orrore fantastico delle tenebre, i sobbalzi che dànno i rumori cupi e sottili della notte,_ l'angoscia delle allucinazioni, Betti ha una maestria da orco. Il mondo delle nostre paure infantili qui ci ·ritorna in forma. di sinfonie strascicate e troncate, in scene e musiche a cui una fantasia, matura e un'anima tetra conferiscono una profon– dità superiore ai terrori fanciulleschi e alle leggende che corrono fra tutti i popoli. Ma già in questo volume ci sono segni evidenti che il poeta, partito da combinazioni originali di motivi popolari, move verso un mondo più macabro e più adulto, vagheggia, per esprimersi, forme più scolpite, colori più scarsi e più uniformi, suoni più duri. La canzone del morto mascherato è la prova più chiara di questo passaggio verso quadri più sinistri, di quest'abbandono di quel tanto di sentimentale che c'era an– c6ra in altre liriche. È una ballata satanica, una truce e oscena gaz– zarra intorno ad un morto con una marehera scarlatta, portato in una festa l'ultima notte di carnevale: « - Su, stanotte .s'ha da bere E da :stare in allegria! Donne ò.elle come pantere Ti daremo per compagnia!». Il verso s'avventa, si spezza, rintocca, dà un senso di disperazione e di orrore. Lo stile si è fatto più -scarno, più scattante; ben poco di let– terario vi è rimasto; ognuno dei periodi, brevi e isolati, è una linea -o un gesto. Le migliori poesie di Betti si illuminano via via che, rileg– gendole, dimenticate la vostra abitudine alla poesia dal passo len:to e dalla fraJSe composta. BibliotecaGino Bianco

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