Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
332 M. Bernardi sarete i miei ered.i ! », diceva ai discepoli di Torino ; e bisogna leggere quanto scrisse di lui il suo eccellente allievo Riccardo Pasquini, e il Calderini riferì nel suo libro, per capire come per Fontanesi dipin– gere fosse essenzialmente «scoprire)) e come di questo continuo sco– prire la natura facesse partecipi ed entusiasmasse gli scolari. « Si partì un giorno da quella scuola per andare dal vero col professore. Fu quella prima volta una vera festa per tutti noi e un grande ' ' . f t ammaestramento il trovarci con un uomo che sentiva così or e- mente quanto nella natura poteva dar motivo di quadro. Egli ve– deva soggetti dappertutto, li gustava e godeva che gli allievi sen– tissero quanta bellezza è profusa nella Creazione. Arricchiva il suo discorso con allusioni ad altri rami dell'arte, poesia, musica, ... ripeteva versi che potevano riferirsi a certi sentimenti e perfino mo– tivi musicali che ci ricordava con giustezza .... ,Collegava così quanto nel nostro inteltetto poteva esserci noto per la maggior comprensione di quell'arte sua che amava tanto .... Campo prediletto degli esercizi fu poi per la scuola la regione di Vanchiglia, e quartiere generaler come diceva il Fontanesi, la prima grande cascina sùbito fuori dalla barriera daziaria, presso il Po, ove si trovavano i più interessanti elementi: la cappelletta barocca del 1600, le strade dei pioppi, le sinuosità dei ruscelli, e molto più oltre a un risvolto della Dora il sito che battezzammo: I grandi alberi (come i Robinson quando scoprivano luoghi caratteristici nella loro isola). Là il professore ci svelava oltre il fiumetto altre grandiosità e bellezze nel genere non più rustico o intimo, ma classico per maestà di linee e di orizwnti e ci faceva allora riconoscere in quella natura le idee pittoriche di Claudio Lorenese per il quale aveva un culto .... e ci spiegava anc6ra come dovessimo evitare ogni meschinità, tenendoci a temi semplici~ con larghi partiti di luce in contrasto colle ombre, saggiamente in– terpretati)). A che cosa mirava questa scoperta della natura ? A rinvenire in essa e a rendere plasticamente ciò che Fontanesi, con frase predi– letta, chiamava la poesia del vero. Romantica certo la l>Uaconce– zione delle qualità essenziali di un dipinto : la bellezza delle linee, la scelta del motivo, la poesia che doveva ispirare, la disposizione e i contrasti dei suoi elementi (caratteri, ombre, luci), la giusta, severa osservazione dei valori; - romantica, ma piena di un'umanità che si moltiplicava in sé sconfinando in una continua aspirazione all'in– finito. Ricordava il pittore Pugliese Levi che Fontanesi pochi mesi prima di morire, diceva anc6ra che avrebbe voluto fare un quadro « con un gran cielo e una pianura immensa)). Era, in questo anelito v~rame_ntepatetico e quasi drammatico, era pur sempre quel mede– simo pittore della sconfinata vastità delle Nubi, che aveva scritto al Pasquini: «.Si ricordi che se le arti non avessero altra missione che di rappresentare e di riprod'urre la natura, esse non si elevereb- BibliotecaGino Bianco
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