Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

330 M. Bernardi cini, e poi alla maggior parte dei quadri o studi di Fontanesi, spe~ cie dell'ultimo periodo: si scorgerà che un abisso divide i due mondi estetici e spirituali. Annullata la decorazione, o per dir meglio quelle che il Cecchi chiama le gemmee invenzioni decorative del paesaggio, poniamo, di Fattori; annullata la realtà visiva del soggetto (era lo scandalo dei professori d'ell'Accademia torinese quest'uomo che met– teva delle pennellate rosso-cinabro nel cielo, - « chi le ha mai vi– ste?)), - e che dipingeva d'elle frasche che « non lasciavano mai conoscere la specie degli alberi!))); che c9sa rimane se non la trasfi– gurazione del soggetto stesso nell'emozione· dell'artista, ·e la rappre– sentazione di questa emozione ? Allora gli elementi più propriamente pittorici della forma e del colore divengono semplici strumenti mira– bilmente impiegati all'espressione d'i quella suggestione. Tutto può diventare eccellente pretesto all'evocazione d'un sentimento della natura impassibile, indifferente. Ora una velatura imponde– rabile che stende su un orizzonte una indicibile tenerezza; ora un'impostazione di bruni fulvi sul terreno, di toni terrosi, di bitumi nel folto delle macchie, di morte ombre sugli specchi d'elle acque; ora un convulso tempestar di violetti, di cinabri, di bluastri sopra un impasto di materia che giunge a spessori impressionanti mentre là, a cinque centimetri, nel cielo, o nel lontano, o sul fragile filare dei pioppi, una raschiatura improvvisa, una pennellata soave, cal– missima1 larga, fluente, spande una pace georgica che pare piovere dal ricordo d'un distico virgiliano e che invece emana con silenzioso mistero d'a quella nuvoletta appena appena rosea, da quella figu– retta assorta, da quell'alberello tremulo circonfu!lo d'atmosfera. Vi avvicinate al bozzetto: è una febbre, una concitazione convulsa, quando, viceversa, la pittura non si spegne in una monocromia quasi àtona e tetra; cercate di inseguire la pennellata, studiarne la dire– zione e la forza, separare colore da colore : inutile : mai la pennel– lata si ripete, mai il colore obbedisce ad una regola fissa, •predispo– sta: gli allie:i erano stupefatti: « Fontanesi metteva un nero, e nelle sue mam non era più un nero!>>. Vi allontanate poi di qualche passo : ogni tinta, ogni tono, ogni valore incantevolmente si rior– dina sulla superficie; la materia pare volatilizzarsi; la verità d'el particolare (e si noti che la sintetica.esattezza è sempre infallibile) si confonde in una verità superiore e diversa che più non chiede il pa– ragone con i dati della realtà; tutti i perché più plausibili intorno a questioni cromatiche e formali tacciono, oziosi ; quello sconvolgi– mento che sembrava caotico si tramuta in ritmo, in misura solenne maestosa. È la vita nuova, la vita che era dentro e non fuori d'al crea~ tore, che sorge malinconica o ridente dall'esistere sordo delle cose. Moltissimi degli studi del lascito Camerana al iMuseo Civico di Torino, la Primavera (1876) e il Ritorno dal pascolo della collezione Delleani suggeriscono tali impressioni. È stato scritto quasi come BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy