Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

328 M. Bernardi bianca) che gli sarebbe stata dovuta almeno dai colleghi, e sentiva intorno a sé, anche nel gruppo dell'ormai declinato Caffè Michelan– gelo, tutt'altro che calore di simpatie; ma a Lucca, nel '68, dire~– tore e professore di figura in quell'Accademia, raccoglieva le osti– lità più aperte; ma a Torino, titolare della scuola d~ paesaggio dal 3 gennaio 1869 fino alla morte, la notte del 17 aprile 1882, re– stava pur sempre, a voler essere schietti, un ospite tollerato; ma nel '75 De Nittis trionfava a Parigi con la Place de ia Concorde ed otto anni dopo si permetteva il lusso di ricomprare d'al Goupil per v~:mticinquemila lire la sua Place des Pyramides per offrirla al Lussemburgo, ed egli invece, anc6ra nel '76, ved'eva rifiutato un suo invio al Salon e pregava l'allievo Carlo Stratta di fare il pos– sibile per vendere in Francia quel dipinto onde evitare almeno di « ripagare le 79 lire dell'invio)). Solitudine sempre, anche in mezzo agli uomini. Dopo la morte, in questi cinquant'anni, la fatalità è mutata? Se finora il nostro discorso ha insistito, giocando apposta fra una realtà. di vita esteriore e una realtà intima poetica, sugli scambi reciproci della biografia e dell'opera, occorre adesso essere precisi, e guar– darsi dal cadere nell'ingenuità delle rivendicazioni gratuite. La pittura di Fontanesi, sul mercato italiano e specialmente piemon– tese, ha avuto un'ascesa lenta ma sicura; meglio, la sua quota– zione è quella di un valore garantito, poco suscettibile agli scarti. Ma a voler proprio guardare le cose nella loro realtà, s'ha da dire che il nome d'Antonio Fontanesi vada a tutt'oggi, - nell'opinione di molti cultori d 1 a,rte e nell'estimazione della stessa critica, - con quelli dei sette od otto maestri della moderna pittura italiana~ con quelli dei massimi paesisti europei dal Seicento in qua? È un nome pronunziato da tutti con grande consid'erazione e rispetto, e in una piccola cerchia d? intenditori quasi con fana– tismo : resta ugualmente un nome solitario, e che ha, poi eco soltanto fra le pareti di casa. « Antonio Fontanesi grand'eggia col tempo, è uno storico, appartiene alla famiglia spirituale del Rem– brandt, è e sarà un onore dell'Italia moderna>>, scrisse il l'::ilderini; per Ugo Ojetti « è il maggiore dei nostri paesisti romantici>>; per Carlo Carrà (ed il giudizio ha qualcosa di piccante venendo dall'ex pittore d'ella Moglie delf Ingegnere) « è il più grande dei paesisti italiani moderni e uno dei pittori più potenti del XIX secolo>>· per il Somaré è « un grande artista in potenza, che aveva però il do~o di manifestare pittoricamente la sua continua possibilità poetica, che è un dono fatto di genio>>. Tutto benissimo; ma si pensa un poco alle orazioni funebri : gli abbiamo dato ciò che gli spettava e non se ne parli più. Nel vasto lavoro di revisione e rivalutazione dell'arte ottoce~t~sca quale interesse ha attirato su di sé Fontanesi? Dopo Calclerm1 e Carrà che alla fin fine sono due pittori (e il volume del BibliotecaGino Bianco

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