Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

La Grammaire de l'A.cadémie Française 311 un avvertimento sotto forma di elogio, per premunire gli accade– mici contro quelli che noi, dopo due secoli e mezzo chiameremmo i pericoli del purismo : ' Par vos travaux, - egli diceva, - et· par votre exemple, les véri– tables beautés du -style se découvrent de plus en plus dans les ouvrages français, puisqu'on y voit la har:diesse, qui convient à la liberté, melée à la retenue, qui est l'e:ffet du jugement et du choix. La licènce est res– treinte par les préceptes; et toutefois vous prenez garde qu'une trop ii'!Crupuleuse régularité, qu'une délicatesse trop molle,· n'éteigne le feu des esprits et n'a:ffaiblisse la vigueur du style. Non canirrvus surdis. Il padre Bouhours e compagni, che prete– .sero rettificare anc6ra il « bon usage >> sulla base di una casistica tanto sottile quanto ridicola, avrebbero dovuto tener conto del sa– lutare avviso. Ne tenne invece conto, -- se non proprio di e~so, al– meno di quanto si diceva nello stesso senso, - l' Académie, che, per quanto continuasse a dar pareri e regole in fatto di gramma– tica, continuò anche a,dJ rustenersi dalla pubblicazione d'una gram– matica vera e propria. Ci ,pensò al ·principio del secolo XVIII, quando ne affidò la com– posizione a Régnier-Desmara1s. Ma ecco che un altro prelato, e questo ben più di Bossuet repugnante ad ammettere una rigida armatura dli regole che rischiasse di compromettere quella « na.'i– veté >> che per lui era quasi una virtù cardinale,. ecco che Fénelon si fa avanti a ricordare che tra i c6mpiti dell' Académie c'è anche la pubblicazione d'ella grammatica, ma nello stesso tempo a metter in guardia contro « une grammaire trop curieuse et trop remplie de préceptes >> e a sottolineare che una grammatica << ne pourrait pas :fixer une langue vivante >>. La voce del cigno di Cambrai era troppo melodiosa perché non fosse ascoltata. Neppure allora l' Aca– démie si compromise con una grammatica ufficiale. Né allora né poi. Passò il Settecento, cartesiano, sensista, "e da ultimo giacobino e unitario anche in fatto d,i lingua. Una gramma– tica ufficiale non seppero o non vollero imporla né Fontenelle né Oondillac e neppure Robespierre, che d'altra parte (come s'è detto) ghigliottinò l' Académie. Venne l'Ottocento, neoclassico, roman– tico, storicista, positivista. L' Académie rinacque dalle proprie ce– neri. Ma Napoleone, Victor Hugo, Renan, Brunetière han legato il loro nome ad altre imprese, non alla promozione d'una gram– matica di stato. Perfino il mirabile incremento della :filologia du– rante il secolo scorso si potrebbe dire che sia stato un ostacolo al– l'attuarsi di quell'idea sempre rina,scente e sempre respinta. Le· conquiste della linguistica non s'inquadrano bene negli schemi di una grammatica normativa. Perché ci fosse una grammatica di stato ci voleva un colpo di BibliotecaGino Bianco

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