Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

304 G. Stuparioh io, zitto, passavo d'estasi in estasi. Mirella? Mirella era là, poco lontana, nel buio ; tra le voci udivo di tanto in tanto anche il tim– bro della sua. 1Ma mi bastava sognarla, con la testa nel grembo di Attilia. - Perché stai sempre con le carte in mano ? Non si potrebbe invece fare qualche giuoco tutti quanti insieme? - Il rimprovero .d::iMirella giungeva opportuno a scuotermi da un torpore che pe– sava ormai anche a me : ero stanco di quei pomeriggi e continuavo solo per puntiglio. Cominciarono allora i giuochi in comune. Quando eravamo stan– chi di correre, ci mettevamo in circolo a « fare i pegni)). Nello ci si divertiva un mondo ; era diventato di nuovo loquace con me e mi domandava spesso quale delle bambine mi piacesse di più. Io ero stato più volte sul punto di svelargli i miei sentimenti per Mirella, ma un profondo pudore me lo impediva. Singolare pudore, che mi permetteva invece di descrivergli e di colorirgli con quel linguaggio svergognato che adoperan di solito i ragazzi a quell'età, i miei abbracciamenti con la Titi e di vantarmi d?altre azioni, anche più aud'aci, che non avevo mai commesse. Nello mi raccontava con lo stesso linguaggio le sue « avven– ture)). Ce n'era una che faceva il suo orgoglio e per cui l'invidiavo: egli aveva trovato il modo, arrampicandosi sopra i camerini, d'as– sistere allo spogliarsi delle serve che facevano il bagno nelle prime ore del pomeriggio. Ci volli andare anch'io; ma in due facemmo tanto rumore che ci scoprirono. Fummo severamente castigati. La ' sera (io temevo dentro di me questo momento) il pa,dre di Nello, appena arrivato e preso soltanto i.l tempo di mutare la giacca da passeggio con 1,madi tela bianca, ci chiamò tutti e due fo camera sua. Eravamo come due cani trema11ti per la paura, delle bastonate; io poi credevo che sarei morto di vergogna prima d:j_ sostenere la sua presenza; non ebbi il coraggio di guardtarlo in faccia, ma era come se, per mio castigo, lo vedessi lo stesso : la sua voce, tonante nei rimproveri, me lo faceva apparire gigantesco, con la barba bianca sbattuta dalla collera, con le pupille accese. Fu mantenuto il segreto? Le serve tutte le volte che m'adoc– chiavano, mi minacciavano con le mani sghignazzando. Il timore era che ne venisse a sapere qualche cosa Mirella; e però quei giorni la sfuggivo. Mi sentivo indegno di lei; cercavo invece la Titi. Una sera, nell'ora del vaporetto, stavo seduto sotto l'ippoca– stano; tagliavo una canna fresca per farne un :fischio; ero malin– conico e tutto intento al lavoro, e non m'accorsi che ,Mirella mi si avvicinava alle spalle. Mi diede un bacio sul collo. Balzai su spa– ventato e scossi il collo con ribrezzo: « il bruco verd'e ! )) pensai. Vidi Mirella e rimasi allibito. - Sono arrabbiata con te, - mi BibliotecaGir..:-..... neo

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