Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
Dn'estate a Isola gruppo s'era fatto ogni giorno più numeroso. Essendo noi due, Nello ed io, arrivati i primi e quindi già familiarizzati con la cam– pagna, gli altri, d1opoqualche titubanza o qualche vano sdegnoso tentativo d'appartarsi, s'erano aggregati a noi. Quasi tutti su per giù della stessa età, tra i àieci e i quattordici anni. formavamo un gruppo attivo e bellicoso. La giornata era spesa in corse, in bagni, in ruberie, in imprese, in azioni contro i ragazzi isolani che veni– vano sotto il muro a provocarci o a usurparci la spiaggia nostra. Ci fu anzi un breve dissidio fra me e Nello : perché Nello voleva organizzare la compagnia sopra tutto per la caccia ai gatti, io in– vece intendevo che il compito nostro più degno fosse quello di combattere e di sconfiggere gl'isolani, e far passare loro la voglia per sempre di venirci a dlisturbare. Prevalse la mia idea. Ci furono delle vere battaglie fra noi di dentro e quelli di fuori. « La punta>>, - così chiamavamo quell'ultimo sperone del podere, - finiva quasi sempre cc:;m l'essere il teatro della mischia: quivi noi, protetti dal muro, in una posizione superiore, scagliavamo giù sulla strada proiettili d'ogni sorta e gl'isolani dovevano ritirarsi. Ma costoro d attendevano poi sul terreno su cui erano più forti: all'aperto, sulla spiaggia; e noi fummo costretti più volte a fuggire vergogno– samente, nei nostri costumi da bagno, incespicando e scorteccian– doci i piedi sui ciottoli, e facendo appena in tempo a richiud'ere fo fretta e furia la porticina dlietro le nostre spalle, èhe il nemico vi era già giunto e vi picchiava coi pugni e coi sassi, insultandoci. Questo nostro stato di guerra con « gl'indigeni >> non poteva du– rare. Le vie del podere erano diventate malsicure a, tutte le ore del giorno per i sassi che vi volavan oltre il muro di cinta : gli isolani consid'eravano giustamente la nostra una fortezza da bombardare. I grandi ci s'intromisero ; la cosa fu portata dal padrone della villa :fino in municipio ·e i nostri nemici furono costretti ad abbandonare l'assedio dall'intervento di certe guardie grandi e grosse. - Vi– gliacchi, venite fuori, - ci gridavano, strillando e ribellandosi :agli schiaffi e agli sculaccioni coi quali a viva forza erano allonta– nati. Noi di dentro, arrampicati sugli alberi o sul muro, assiste– vamo alla scena : alcuni se la godevano di quell'intervento « di dli.vinità >> in nostro favore e della fine che veniva a prend'ere così una lotta assai ,dubbia; altri, tra i quali Nello ed io, ci rodevamo per quell'umiliante intromissione non richiesta né desiderata. Io poi, che m'ero accorto già della stanchezza d'alcuni miei compagni, prevedevo che quella sarebbe stata la fine del nostro pe– riodo guerriero ed eroico ; né mancavano i motivi a farmi temere che ben presto ci saremmo sprofondati vergognosamente « negli ozi di Capua>>. I motivi erano questi : già da tempo giravano fra di noi dei mazzi di carte ed erano spuntati qua e là dei timidi inviti ad approfittare della siesta dei g_randi, per metterci noi, in BibliotecaGino Bianco
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