Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

296 G. Stuparich per tre scalini; di sotto, la strada provinciale che usciva proprio dal paese; più in là, a d'estra la campagna, di fronte l'arco del~a costa col cimitero, a sinistra l'insenatura del mare. Questa specie di terrazzo era vasto, coperto d'erba, circondato da alberi alti e folti; era il luogo più lontano dalla casa: una fortezza verso l'esterno e, di dentro, un rifugio meraviglioso per far la nostra vita, staccata del tutto d'a quella d'ella villa. Mentre ci volgemmo per ritornare, Nello si mise a gridare: - eccoli, eccoli, - e salt~ndo giù dagli scalini si precipitò di corsa per il vialetto lungo la cmta. Per fortuna l'omino che stava spiegando qualche cosa di interes– sante ai genitori di Nello, li distolse da~ ricercare la causa di quel– l'esclamazione. Io avevo capito e correvo a raggiungere l'amico per– impedirgli di tradirsi: sui tetti d'alcune casipole che si vedevano oltre il muro, c'erano due gatti. E dietro la casa trovammo un am– pio fienile, una stalla, una rimessa. C'era più di quanto avevamo: sognato. Io mi ritrovai la sera a casa mia, che non m'ero staccato anc6ra. dlalla visione di quel luogo di villeggiatura e dalle sue meraviglie, che mi riempivano il cuore di speranze e il cervello di piani; quanto era seguìto a quella visita: il nostro pranzo all'osteria, il pome– riggio a girare per la cittadina, il ritorno in yaporetto, era come non avvenuto per me. 'Ma ora a casa, al pensiero che domani avrei ripreso la solita vita dii scuola, provai un ·forte stringimento di cuore e la bella visione balzò lontana: ciò che avevo creduto già mio, era anc6ra da conquistare. Mi ricordai le pa,role della mia matrigna: - Se non passi classe, niente villeggiatura con Nello. - E la notte, benché stanco, la terribile idea di non passar classer di dover rimanere anche i mesi di vacanza in città sotto gli occhi d'Olga, mi perseguitò. Benché sognassi che l'estate era venuta e che scorrazzavo libero nel regno meraviglioso, la mattina dopo a. scuola la paura dli perdere quel paradiso m'aveva tanto intimidito, che risposi male a tutte le interrogazioni. Quando venne il mio amico, nel pomeriggio, .a mostrarmi il modello d'una fionda po– tente da lui immaginata e costruita, io gli dissi, col pianto in gola, che non me n'importava nulla e che già le vacanze non sarei andato con lui. Due mesi dopo : magliettine a righe bianche e turchine, cal– zoncini di tela, intorno alla vita un cinturone con varie borsetter per i ciottoli, per la fionda, per le frecce; un lungo arco in una mano, fischietto al collo; Nello ed io volavamo per le strade del nostro libero mondo, ci appostavamo in mezzo al verde, ci mette– vamo in vedetta sugli alberi : esploratori, indiani, cacciatori o-uer- . . 'o rier1. La villa s'era riempita di famiglie di villeggianti. II nostro BibliotecaGino Bianco ·

RkJQdWJsaXNoZXIy