Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
Un'estate a Isola 295 albero di tali dimensioni e rimasi incantato davanti a quell'im– menso padiglione d'un verde tenero a frange, con tanti candelabri dalle bianche candele, accese da spruzzi rossi e gialli delicatissimi, fin sulla cima che toccava il cielo. - Guarda, - mi disse Nello, mentre io stavo anc6ra col viso all'insù, e mi mostrò un enorme bruco che scendeva dal tronco : peloso, verdone, con larghi anelli neri punteggiati di rosso. Nello aveva già raccolto un sasso per schiacciarlo. - Lascialo, - lo trattenni, non so se per ribrezzo o piuttosto per una segreta paurosa ammirazione per qùell'animale misterj_oso, che mi portai impresso in modo tale da non potermi sedere, più tardi, sotto quell'albero, senza rivederlo scendere ogni volta per il tronco. Mentre i genitori di Nello erano entrati nella grande casa, a visitare le stanze, noi esplorammo il podere. Nello a ogni scoperta faceva salti e usciva in esclamazioni di gioia; io gli camminavo vicino con un'indifferenza ostentata da ragazzo vissuto: ma solo apparentemente, chè dentro di me era uno scampanio, tutta un'agi– tazione festosa. Le sorprese erano certi pergolati di viti che fini– vanG lontani lontani con piccoli occhi d!i luce; certi peschi carichi di frutta anc6ra verdi e pelose, ma che si sarebbero maturate pro– prio per qoi; mandorli, peri, susini; a ogni albero da frutta mi voltavo verso la casa, per constatare se di là ci avrebbero scoperti : nessuna finestra, il tetto soltanto, tutto il resto coperto dalla ver– zura. E poi platani, acacie, gelsi, con tronchi lisci, con scale in– tricate, con comode impalcature di rami : dove io m'immaginavo già le nostre vedette, le nostre case, i nostri nascondigli. Ma per nasconderci c'erano anche delle folte macchie di noccioli. Un po– dere vasto, che non finiva più. Nello era fuor di sé per la mera– viglia. Un regno così per noi, non ce lo saremmo davvero potuto immaginare. Ci chiamarono. Le voci lontane di coloro che ci custodivano, mi parvero l'unica incrinatura in quel mondo di felicità. Ma la nostra esplorazione riprese coi genitori di Nello e con l'omino grasso. Arrivammo questa volta fino in fondo al podere: dietro un muro c'era il mare; per una porticina si usciva sulla spiaggia; vicino c'erano dei casotti di legno: i camerini per spogliarsi; un pontile per accostarvi le barche e « per i tuffi», spiegò l'omino, guardando me e Nello con ironia: - già voi non sapete nuotare. - Stefano nuota come un pesce, - protestò Nello, - e anch'io so un poco nuotare. - Io, per isdegno non gli avrei risposto neppure. Rien– trammo per la porticina; fatti pochi passi lungo il muro, afferrai Nello per un braccio e gli mostrai un bel gruppo di canne verdi. - Ci sono, zitto!, - gli susurrai all'orecchio. 1Ma la sorpresa maggiore l'avemmo forse a un'estremità della cinta: qui il terreno si rialzava e sporgeva come un'alta prora di nave: vi si ascendeva BibliotecaGino Bianco
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