Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

884 A. LORIA, La scuola di ballo -------------- mistura, quel complicato equilibrio che è degli scrittori di natura ri– flessa, si darà a comporre di vena, portato quasi soltanto dall'istinto. Perché questo è il proprio di Loria, una solida ricchezza di narratore, una lena nel saper durare, un incrocio vitale di interessi; e pareva sul principio che non scrivesse che per capriccio, con amara astuzia. Pren– dete i racconti suoi più freddamente condotti, e i più diversi, Il registro, La parrucca, La danza sul prato. La meccanica invenzione del primo, l'ossessione tematica che è negli altri due, non arriveranno a smorzare l' impressione finale, quell' idea di vita decaduta e di vecchiezza, di ari– dità; quell' incubo del senso, direi la sua forza demoniaca e il suo con– tagio. Vecchi in Loria sono tutti, anche i giovani, e dannati alla stessa pena, una sensualità senza gioia, ultima illusione forse di sapersi vivi. Mentre, per vivere veramente, spento è il gusto della vita, fallito l' in– contro felice. Il modo stesso di finire dei racconti di Loria, e proprio dei suoi più belli, denuncia uno « sfaeelo >>.Nella regola o fuori della regola, ai suoi personaggi manca il coraggio ultimo del bene e del male. Il loro destino è l' incompiutezza. E vedete dunque se a uno scrittore ehe pareva non avesse altri mo– tivi per esser tale che volontà e sottigliezza, un poco alla volta non si finisce col credere, esser presi e persuasi. Le eose, ora, non più le pa– role, le osservazioni vere non il loro garbuglio espressivo, la familiarità della materia non l'invenzione ingegnosa, e le più naturali situazioni, anche se ricche e complesse e convergenti, con persone non con argo– menti, sono tutt' insieme i caratteri del suo raccontare, della suà sem– plicità conquistata a caro prezzo. Chi conosce Loria, a ogni nonnulla appena fuor del comune a cui a,e– eenni parlando, lo sentirà ripetere col suo tono indifferentemente si– curo: « Ne farò un racconto>>. Poiché egli sa, ormai, che tutto gli può diventare tema di narrazione, musa al comporre. E qualcosa s' è detto perché non si debba seambiare l'arte sua per quella d'un contafa– vole. Cioè.... favole ne inventerà aneòra, con freddo estro, e un suo di– samorato incanto; ma accadrà pure, quando la sua seria natura ve lo porti, di vederlo impegnato in lavori di ben altra qualità e potenza, in ogni piega frugati con una curiosità inquieta. Accanto alle figure ve- ·" dremo allora vivere e muoversi fin le minime cose, quelle su ·cui le fa,eili penne passano via in fretta; e che giusto respiro della pagina inzuppati di .senso, che accordi a creare l' atmosfera adatta, che_ moto dal di dentro a far procedere i fatti; e in quel loro arrestarsi bru– sco, non finire, dichiarata una verità trista, d'uno sbaglio che, costante– mente, regola gli incontri nelle creature di Loria ! E non è senza ragione for-se, che proprio nel suo più bel ra,econto, La scuola di ballo, la conclusione nasca da disperazione; meglio, da un'inerzia disperata. Mondo vecchio, senza felici errori .... GIUSEPPE DE RoBERTIS. Uao 0.JE 'ITI, Direttore responsabile PIETRO PANCRAZI, Segretario di redazione Stabilimento Tipografico Enrico Ariani, Firenze. BibliotecaGino Bianco

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