Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
.T. GALLARATI Sc,oT'l'I, Storie di noi mortali 381 venuto all'arte dalla cronaca, dalla vita. (À volte, leggendo ho ricordato quegli intimi drammi che Adolfo Albertazzi, artista assai 'sottile e oggi quasi dimenticato, illuminava su fatti di. « storia vera))). Qui insomma il Gallarati ,Scotti, lasciate da parte le dame posose e l'ambiente mon– dano, e strettosi a un fatto di coscienza, a un caso di fede ha dato la misura migliore di sé. In un libro troppo disuguale, questo bel rae,èonto e qualche altro frammento dello stesso accento, restano all'attivo dello scrittore. PIEYl'ItO p ANCRAZI. SIBILLAALERAMo, Il frustino. - Mondadori, Milano, 1932. L. 10. Sibilla Aleramo, e.i aveva dati fin qui, più che romanzi, dei diarii, nei quali le sue passioni e i suoi dolori, le sue estasi e le sue gioie, ave– van trovato un'espressione sincera e commossa. E si può affermare che, per la sua naturale veemenza di sentire, l' Aleramo abbia portata, in questa sua arte del diario, tanta ricchezza di elementi emotivi ed umani, quanta nelle sue lettere più belle e tormentate ne profuse a piene mani, agli albori del Romanticismo, un'altra appassionatissima donna: Ma– demoiselle de Lespinasse. Nel Frustino, se è abbandonata la forma autobiografica, permane tuttavia la maniera propria dell' Aleramo, che è quella di velare le cose narrate nella indeterminatezza di una esagitazione formale, in cui i personaggi, lungi dal rimaner legati al filo della narrazione, e dal trarre da questa la loro umanità, assumono pose e portamenti irreali. Quasi fossero governati da un estro, invece che da una vera e propria ragione cli vita, i personaggi fanno e disfanno la loro realtà. Manca, infatti, nel Frustino, uno svolgimento pieno, in cui le figure possano prendere, intera, la loro consistenza. L' Aleramo descrive piuttosto degli stati d'animo in conflitto, o meglio il conflitto con se stesso d'uno spirito solo, - quello del protagonista, - che pesa sugli altri, invece che uomini in movimento e in contrasto. Dal motivo centrale che è dato dalla storia del poeta e della musicista, anche questo romanzo, pur conservando la sua forma espositiva, è ricondotto ad uno schema dia– ristico, lineare. E anche qui si ritrovano quell'atmosfera o spiritualità degli altri libri di Sibilla Aleramo, in cui tragicamente s'urtano senza superarsi lo spirito e il senso, l'anima e la carne. Un poeta malato s'in– namora e, pare, nel modo più spirituale, d'una musicista, la quale gli fa il sacrificio d'un suo non platonico amante. Ma nell'unione con la donna amata il poeta resta più tormentato che mai. Ne nasce una di– scordanza: mentre la donna ha realizzata la sua aspirazione, l'uomo si trova deluso; e, abbandonata l'amante, se ne torna ad un suo antico amore, meno ideale. Questa la vicenda del romanzo. La storia appare costruita, con sforzo di raziocinio, dall'autrice, piuttosto che vissuta da personaggi vivi e operanti. E gli stati d'animo, che nel romanzo hanno gran parte, son privi di compattezza e coerenza: Caris e Mino appaiono immobili per due terzi del libro, nei quali essi non fanno che contemplarsi· e vaneggiare; non si muovono, né agiscono, ma sj. raccontano soltanto. L'uomo non sa che scriver lettere e astrarre, la donna non sa che per- BibliotecaGino Bianco
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