Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

T. GALLA.RATI SCOTTI, Storie di noi mortali 379 personalità vera, la vita intima, è rimasta zitta al fondo di lei, e come abolita. Un'acqua, da non rimuovere. « -Si sarebbe detto che ci fosse in Dianora un solo pudore: quello di lasciar scrutare il suo vero volto. Il suo corpo lo scopriva con facilità>>. Ora vuole il caso che Dianora, in una gita a_lpina, si allontani troppo dai suoi •sciocchi corteggiatori, si trovi a un tratto sola, smarrita, sotto un cielo apocalittico, in una pe– traia, dolomitica. Cade lo scenario fittizio della sua vita e le sta intorno, tanto,più grande di lei, quella potente natura vera. Nel terrore che l'in– vade di essersi smarrita, la mima Dianora, torna a, essere donna, si ab– batte, geme, invoca come una bambina, la mamma. Un personaggio prov– videnziale, il «viandante», accorre, l'ammonisce, le insegna la via del ritorno. Questa è la storia di Dianora. Ma Dianora e il viandante sono figure vere o sono simboli? Lo scrittore non si è deciso né per questa né per quella soluzione, compro– mettendole tutt'e due. E Dianora e il suo «viandante» restano perso– naggi tipici, figure di convenzione che in sé non hanno facoltà di com– muoverci. Eppure al di là dei personaggi, e nonostante loro, in quell'ir– rigidimento del paesaggio alpino, su quella improvvisa solitudine della petraia, passa a un tratto un senso tragico della natura, uno spauri– mento, un'ansia, che ha l'accento delle cose vere. Sono le pagine, non più di Dianora, ma di uno scrittQre che sente fortemente certi alti aspetti della naturà e il tremore religioso che ne viene all'anima. Lo stesso si può dire di un'altra novella, La fuggitiva. Come Dia– nora era la mima tipo, qui Flora è la donna tutta bella, tutta vana, tutta mondana, per definizione. Per restare tale, Flora si nega anche l'amore e ogni altro affetto che possa domani recarle dolore e turbare il vacuo equilibrio della sua vita. Ma in una sosta della vita mondana, mentre riposa in una villa solitaria sul lago, Flora s' incontra per caso in un tenero amico della sua gioventù; e qualcosa in lei si rimuove. Quando l'amico improvvisamente si ammala e poi muore, solo, nella villa vicina, il mistero, il brivido di quella morte raggiunge anche Flora. Ella sa adesso, ciò che prima non sapeva: che si muore; nella luce fatua della sua vita entra finalmente quest'ombra. Ma questo momento di commozione e di poesia (anche qui, - la corsa nel giardino, la notte sul lago ... , - sono pagine davvero belle) stentiamo a credere che appartenga a Flora che noi abbiamo conosciuto fino a quel punto· soltanto come un manichino della donna vana. Lo scrittore esprime quel subito senso di morte, quell'ansia poetica dell'al di là, direi quasi cc in proprio», fuori della figura così grama e qualun– que del suo personaggio. Insomma, qui e altrove resta una differenza sostanziale di tono, un contrasto troppo forte tra le possibilità dello scrittore, la sua ansia di poesia e i suoi poveri personaggi. Il novelliere non ha saputo preparare al poeta figure sufficienti. In donne come Dianora, come Flora, il mi– EJteroreligioso, il senso della morte non ?l che un brivido alle reni. Il resto lo regala il poeta. Per queste ragioni (e lasciando ora da parte i Funerali di un im– pero, bozzetto di genere in una villa veneta ai giorni di Caporetto, e n figlio sull'altra sponda, una misteriosa novella drammatica che non Biblioteca·Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy