Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
"378 .F. LOSAVIO, Canti di liberazione ecc. dadori, Losavio va, sembra, ritrovando e conquistando sempre n_ieglio la sua più vera e profonda personalità,. Nel secondo dei due volumi, rhe contiene, nella seconda parte, le poesie più recenti, scritte dopo q11ell~ premiate dall'Accademia Mondadori, nei Canti del meriggio, sono segm evidenti di questo progresso di questo approfondimento, e ùi una forma nuova, nascente, come la plima volta, in una col canto (vedi, per esem– pio, Avrei voluto nascere, Mamma, io ti sento, Alberi, .La terra, Alle cose nascenti). In conclusione, Losavio è sulla via buona. Molto -ci ha già dato, e più, da lui ci aspettiamo. E di poesia umana, schietta, rorida di ~acrim~, odorata di erbe e di terra, - benedetto quel suo abbandonarsi che m principio criticavo, - di poesia così fatta oggi abbiamo bisogno come del pane e dell'acqua. VLADIMIRO ARANG10-Ru1z. TOMMASO qALLARATI SCOTTI, Storie di noi mortali. -' Treves, Milano, 1932. L. 10. In questi racconti di Tommaso Gallarati Scotti per lo pm s'in– contrano due motivi o argomenti non soltanto diversi, ma in antitesi e a contrasto tra loro. Un ambiente. aristocratico o mondano, elegante, con le solite conversazioni e ritrovi di albergo e di villa, tra gente frivola chiusa in un corto egoismo, persa ormai nel giuoco delle convenzioni e delle apparenze; - e a un tratto un inaspettato richiamo alla vita dello spirito, un improvviso dubbio dall'al cli là, il balenare d'un religioso mistero. Lo scrittore si rende conto del contrasto, e anzi si può dire che lo cerca di proposito, quasi per edificazione, e vuol trarne il maggior partito. Ma l'arte sua nei due momenti resta disuguale e divisa. Nella descrizione mondana, nel ritratto dei personaggi, il Galla.rati .Scotti somiglia a tanti altri novellieri, se non proprio di oggi, di venti o trent'anni fa. Ricorre, si direbbe, a un comune denominatore. I suoi racconti s'impostano in un modo solito, con personaggi (quelle dame, quei gentiluomini, quei mondani, in quegli alberghi, in quelle ville) piut– tosto apparenti e tipici che concreti e reali. Peggio, qualcosa di conven– zionale, di freddo, di inutile passa dall'ambiente nella sua arte. Poi a un tratto un'inquietudine~ un'ansia, un brivido religioso scuote quel– l'aria morta; lo scrittore rompe, cambia aria, prende quota. Il Galla.rati Scotti trova l'accento ch'è veramente suo; e dal mediocre novelliere esce a tratti e balena un inquieto spirito, un poeta. Ma tra il novelliere mondano e il poeta resta sempre una fastidiosa scontinuità, per cui vien fotto di chiedersi perché mai il Galla.rati ,Scotti scelga proprio quei personaggi, quegli ambienti che poi a lui dicono così poco. · La prima novella, Dianora -tra le nwvole, già riassume senza accor– dar lo, il doppio registro, il dualismo artistico dello scrittore. Dianora è. donna di teatro. Non questa o quella attrice, ma proprio « la donna d1_teatro»; l'estetica danzatrice, _la mima che per sentirsi viva., per esistere, vuole anche fuori del palcoscenico, intorno a sé impassibile, un decoro, una luce, una falsità teatrale. Tutto per lei è scenario. La sua BibliotecaGino Bianco
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